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BIBLIOTECA DELLA R. CASA
IN NAPOLI
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STORIA
DELLA
LETTERATURA ITALIANA
Volume XIII.
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STORIA
DELLA
LETTERATURA ITALIANA
DI
GIROLAMO TIRABOSCHI
TOMO VII.
Dui1 imo HD Fino ALL1 ANNO HDL
PARTE QUARTA
MILANO
DALLA SOCIETÀ TIPOGRAFICA DE' CLASSICI ITALIANI MDCCCXX1V
(
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INDICE E SOMMARIO
DEL
TOMO SETTIMO, PARTE QUARTA
Storia della Letteratura Italiana dall’anno un fino all’anno mdc.
CONTINUAZIONE DEL LIBRO TERZO Capo IV.
Pag. 1971 Poesia Ialina. -
I. P eh qual ragione fossero in questo secolo migliori i poeti latini che gl’italiani. II. Ve n’ebbe però ancora non pochi cattivi. III. Fiore della poesia latina nella corte di Leon Decimo: notizie di Francesco Arsilli. IV. Suo poemetto in lode de’ poeti de’ tempi suoi : se ne ram- mentano alcuni. V. Altri poeti lodati dall’ Arsilli. VI. An- gelo Colocci ed altri poeti. VII. Tommaso Inghirami ed altri. VIII. Continuazione de’ poeti nominati dal medesimo Arsilli. IX. Andrea Marone celebre improv- visatore. X. Camillo Quemo improvvisator ridicolo. XI. Di altri poeti improvvisatori, e singolarmente del Cardinal Antouiano. XII. Onorato Fascitelli. XIII. Ago- stino Beazzano. XIV. Benedetto Lampridio. XV. Basi-' lio Zanchi. XVI. Fine 'della serie de’ poeti nominati dall’ Arsilli. XVII. Dialoghi del Giraldi su’ poeti de’ tempi suoi: notizie di alcuni, e tra essi del Navagero. XVIII. Altri poeti nominati dal Giraldi. XIX. Con- tinuazione della lor serie. XX. Se ne annoveran più altri. XXI. Del Cardinal Benedetto Accolti. XXII. Al- tri poeti lodati dal Giraldi. XX11I. Lodovico e Giro- lamo Parisetti. XXIV. Giambatista Amaltco ed altri
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VI
della stessa famiglia. XXV. Altri poeti, e tra essi Gabriello Facrno. XXVI. Giannantonio Volpi. XXVII. Francesco Lovisini. XXVIII. Poeti modenesi, bresciani, mantovani lodati dal Giraldi. XXIX. Lelio e Ippolito Capilupi. XXX. Poeti ferraresi nominati dal Giraldi. XXXI. No- tizie di Marcantonio Flaminio : elogio di Giannanto- nio suo padre. XXXII. Primi studi di Marcanto- nio. XXXIII. S’ ci si lasciasse sedurre da’ Novatori. XXXIV. Ultimi suoi anni e sua morte. XXXV. Sue opere e loro pregi. XXXVI. Altri poeti non nomi- nati dall’ Arzilli nè dal Giraldi. XXXVII. Poeti vissuti sulla fine del secolo. XXXVIII. Trackittori de’ Salmi. XXXIX. Poeti di argomento sacro : Girolamo Vida. XL. Riflessioni sulla prima edizione della sua Poetica. XLI. Ultimi anni della vita del Vida e sua morte. XL1I. Sue opere e loro carattere. XLIII. Altri poeti di argomento sacro o morale: Marcello Palingenio. XLIV. Notizie di Aonio Paleario. XLV. Sue opere. XLVI. Scrittori di poemi filosofici: Scipione Capece. XLVII. Adamo Fumani. XLVIII. Girolamo Fracasto- ro. XLIX. Scrittori d’agricoltura, cc. : Pietro Angelio. L. Poèmi epici ed altri poemetti. LI. Poeti drammati- ci. LI f. Poesia maccaronica: notizie di Teofilo Folengo. LUI. Scrittori dell’Arte poetica. LIV. Vincenzo Maggi. LV. Altri trattati di tale argomento. LVI. Antonio Min- turno. LVH. Giason di Nores. LVIII. Angiolo Ingegne- ri. L1X. Giulio Cesare Scaligero : ricerche sulla sua famiglia. LX. Sua vita e sue opere.
Capo V.
Pag. a 1 76
Gramatica t Rcttorica.
I. Copia e valore de’ professori di belle lettere in questo secolo. II. Romolo Amaseo. III. Lazzaro Buon- amici. IV. Batista Egnazio. V. Antonio Tilcsio e Ber- nardino Partenio. VI. Sebastiano Corrado. VII. Quinto Mario Corrado. Vili. Giano Parrasio. IX. Marcantonio Maioragio. X. Mario Nizzoli. XI. Pier Vettori. XII. Bar- tolommco Ricci. XIII. Giulio Camillo JDeluùaio : suoi
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VII
primi studi. XIV. Teatro da lui immaginato. XV. Pro- messa di esso non mai eseguita. XVI. Sue opere. XVII. Bartolotnmeo Cavalcanti. XVIII. Altri professori d’eloquenza. XIX. Gramatici di questo secolo: Gio. Scopa. XX. Gianfranccsco Quinziano Stoa. XXI. Suo soggiorno in Francia e sue opere. XXII. Giovita Ra- picio. XXIII. Batista Pio. XXIV. Cardinal Adria- no. XXV. Altri professori , o scrittori di gramati- ca. XXVI. Diverse opere intorno alla lingua latina. XXVII. Ambrogio Calepino. XXVIII. Celio Secondo Curione. XXIX. Carattere de’ gramatici di questo se- colo. XXX. Si perfeziona la lingua italiana. XXXI. Si annoverano diversi autori che di essa scrissero. XXXII. Al- tri scrittori dello stesso argomento. XXXIII. Contro- versia sull’ortografia della lingua italiana. XXXIV. Con- troversie sul nome con cui essa dovesse appellarsi. XXXV. Scrittori toscani sulle regole della lingua. XXXVI. Leonardo Salviati. XXVII. Dizionari di lin- gua italiana.
Capo VI.
Pag. a3i4 Eloquenza.
I. Per qual ragione la lingua italiana avesse in que- sto secolo pochi valenti oratori II. Ornzioni di monsi- gnor della Casa e di altri. HI. Notizie di Alberto Lollio. IV. Oratori veneti. V. Diversi scrittori di Orazioni in lingua latina. VI. Traduzioni degli oratori greci c latini : notizie del Fausto da Longiauo. VII. Stato del- l’eloquenza sacra in questo secolo. Vili. Notizie di Egi- dio da Viterbo. IX. Continuazione delle medesime. X. Altri oratori sacri. XI. Cornelio Musso. XII. Noti- zie di Fra Francesco Panigarola. XIII. Onori a lui con- feriti , e sue vicende. XIV. Sue opere e carattere della sua eloquenza.
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Vili
Capo VII.
Pag. a36o Arti liberali.
I. In quanto fiore fossero in questo secolo le belle arti. II. Roma e la basilica Vaticana ne sono il princi- pal teatro. HI. Rafaello di Urbino. IV. Giulio Romano V. Michelagnolo Buonarroti. VI. Altri artisti in Roma. VII. Munificenza de’ Medici nel promuovere le belle arti. Vili. Diversi artisti altrove. IX. Pittori più rino- mati. X. Tiziano. XI. Correggio. XII. Giulio Clovio miniatore. XIII. Architetti militari. XIV. Pittori italiani chiamati in Francia. XV. Altri pittori alla corte mede- sima. XVI. Professori di altre arti colà chiamati. XVII. Artisti italiani in Portogallo e in Ispagna. XVIII. Gi- rolamo da Trivigi architetto militare in Inghilterra. XIX. Intagliatori di pietre. XX. A qual finezza si giu- gnesse ne’ lavori di mano. XXI. Intagliatori di stampe. XXII. Ragioni della brevità usata in questo capo.
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STORIA
DELLA
LETTERATURA ITALIANA
Dall ’ anno u v fino all’ anno m v c.
CONTINUAZIONE DEL LIBRO TERZO Capo IV.
Poesia latina.
*
I. Se la poesia latina non ebbe quel sì gran i. numero di coltivatori di cui può l’ italiana van- “re- tarsi, ne ebbe però essa pure in gran copia sin- Solarmente al principio del secolo. Anzi se *l,ori * p»;*
I, i ili 1 -i 1ni ì . « latini che sii
onore dell una e dell altra poesia deesi mi- italiani, surar non dal numero , ma dal valor de’ poeti , a me sembra che la latina possa in confronto dell'italiana credersi più gloriosa e più felice; perciocché fra' molti coltivatori della volgar poesia , se non pochi furono gli eccellenti , molti ancora ve n’ ebbe che meglio avrebbero provveduto all’ onor delle Muse italiane, , se non si fosser dichiarati loro seguaci. Nella poesia latina al contrario la copia degli eleganti poeti Tirabosghi, Voi XIII. i
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*97a
LIBRO
fu, per quanto a me sembra, maggior di quella degl incolti, e gli scrittori in essa eccellenti su- perarono in numero gli scrittori di eccellenti poesie italiane. Nè mi pare che sia a stupirne , e io ne ho altrove accennata ancor la ragione. La lingua italiana essendo a noi natia, e, per* così dire, domestica, ognuno lusingasi di leg- gieri di poter in essa scrivere felicemente; e il metro della volgar poesia è per se stesso sì facile , che molti si persuadono che ad es- ser poeta basti il volerlo. Qual cosa in fatti più agevole che il far quattordici versi , e persuadersi di aver fatto un sonetto? Or per ciò appunto che sembra aperta ad ognuno la porla del Pindo italiano , infinita è la vol- gar turba che si affolla ad entrarvi' ”
servi con onor ricevuti ! Quanto è minore la pena che si pruova nello scrivere in una lingua, tanto è più difficile lo scrivere con eleganza, e quanto è più veloce la penna, tanto meno si affatica l’ ingegno; e quindi fra sì gran numero di rimatori sì scarso è il numero de’ poeti. Al contrario chiunque si accinge a poetare in lin- gua latina, dee necessariamente conoscere che non può ottenerlo senza far molto studio sugli antichi scrittori, da’ quali soli se ne può ap- prender la norma e l’ esempio. Egli è dunque costretto a leggere e a rilegger più volte i più perfetti modelli della poesia latina, e con tale attenta lettura ei si viene passo passo formando a quella maniera di pensare e di scrivere che in essi osserva. Egli è vero che senza un vivo ingegno e una fervida fantasia ei non sarà
pochi son quelli a’ quali venga
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TERZO 1 973
eccellente poeta, e che questi 6on pregi di cui a pochi è liberal la natura. Ma finalmente, s’ ei non avrà i voli di un Orazio, la maestà di un Virgilio, la naturalezza di un Ovidio, ne avrà almeno la somiglianza', e se non potrà ritrarne . in se stesso l’ anima, ne ritrarrà almeno i li- neamenti e i colori. La stessa fatica che gli è necessario di sostenere scrivendo in una lingua non sua, e cercando le voci adattate alte leggi del metro , lo costringe quasi suo malgrado a riflettere e a pensare. Quindi, come la facilità del verseggiare in lingua italiana rende, come si è detto , difficile il verseggiare con eleganza, così per P opposto la difficoltà a verseggiare in lingua latina rende, per così dire, più fa- cile il verseggiare con eleganza j o, a dir meglio, ci sforza ad usar quello studio e quell' atten- zione di cui P eleganza suole esser frutto.
II. Nè io voglio inferire da ciò che medio- n. cri e cattivi poeti latini non vivessero anche ptrò "ncù™ nel secolo di cui scriviamo , e al principio di esso singolarmente , quando l1 antica barbarie non era ancora interamente dileguata. Andrea Alciato scrivendo nell'anno i5ao a Francesco Calvi (post Marq. Gudii Epist p. 84 )> gli manda alcuni suoi Endecasillabi contro i cattivi poeti, e in essi veggiam nominati i seguenti ;
Morsi, Camperii, Rubri, Caqiiini,
Saxae , Cantalyci , Piati , Paioli ,
nomi oramai conosciuti , seppure nel secondo verso ei non intende di nominare Panfilo Sas- si , il Cantalicio e Pialino Piatti da noi no- minati nella storia del secolo xv, poeti che
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1974 LIBRO
allora ebbero plauso , perchè era facile 1’ otte- nerlo, ma che furono dimenticati, quando si richiamò dal sì lungo esilio l’antica eleganza. Fra’ cattivi poeti fu ancor riposto dal co. Nic- colò d’Arco il medico mantovano Giambatista Fiera, contro cui sembra eh’ ei fosse altamente sdegnato. Ecco com’egli ne parla scrivendo a Jacopo Calandra :
Remitto tibi Carmen invenustum ,
Calandra oplime , pessimi Poctae ,
Irnmo loxica ferrei Fierae
Insulsi , iilepidi , et senis recocti.
L. 3 , enrm. 1 5.
E altrove ancora ne parla con molto disprezzo ( epigr . 16, 17, ec.). Fu per altro il Fiera uom dotto in medicina, in filosofia e in belle lettere, e molte opere in prosa e in verso se ne hanno alle stampe, fra le quali un poema De Deo Homine. Ma lo stile ne è rozzo comunemente, gonfio ed oscuro. Di lui più copiose notizie somministrerà a chi le brami il chiarissimo Bet- tinelli ( Delle Lett. ed Arti mantov. p. 99, ec.). Ad essi si può aggiugnere un cotal Perisaulo Faustino Tradocio, di cui si hanno alle stampe alcune poco felici Poesie latine stampate in Ve- nezia nell’anno 162^. Ed altri ancora se ne potrebbon qui additare, se la copia degli ec- cellenti poeti che ci si offre innanzi, non ci persuadesse a passar sotto silenzio coloro che non son degni di sì bel nome. Ma se furono anche a que’ tempi poeti duri ed incolti , fu frutto del buon gusto, che regnava in quel se- colo, il disprezzo e la dimenticanza in cui giac- quero 5 e noi ancora perciò, senza trattenerci
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TERZO 1975
nel dir di essi, passiamo a coloro che più belle testimonianze lasciaronci del lor valore nel poetare.
DI. Come la corte di Leon X parve rinnovar „ H,\ „
1 , |, 1, . 1 y fiore dell*
la memoria di quella d Augusto, cosi il numero pò™* latin* e il nor de poeti che a quel tempo viveano LeonX : no- in Roma , parve emular le glorie di quel secolo si rinomato. Un bel monumento ne abbiamo nel poemetto elegiaco di Francesco Arsilli in- titolato De Poetis urbanis, che va unito alla Raccolta di Poesie latine intitolata Coryciana , della quale abbiamo altre, volte parlato. Essa fu stampata in Roma nel .i5a4, a’ tempi di Cle- mente VII. Ma l’ autore avea già da alcuni anni avanti scritta quell’operetta. In fatti in un co- dice di molte Poesie latine dell’ Arsilli , scritto da lui medesimo, che or si conserva in Roma presso il chiarissimo signor ab. Francesco Can- cellieri, due esemplari si hanno di questo poe- metto, uno più breve e composto di soli a55 distici, ma che ha il pregio di aver segnali in margine di mano dell’ Arsilli i nomi de’ poeti in esso indicali 3 l’altro più lungo e composto di 3ao distici, in cui sono ommessi alcuni de’ poeti nel primo esemplar nominati, e alcuni al- tri ne sono aggiunti, ma senza segnarne nel margine i nomi. Il suddetto sig. abate Cancel- lieri riflettendo alla rarità del libro in cui è inserito questo sì pregevole poemetto, e alle diversità che passano fra la detta edizione e gli esemplari mss., il secondo de’ quali .è assai più copioso, avea pensalo di farne una nuova edizione. Ma poscia per singoiar gentilezza , tanto più degna di lode, quanto suol esser più
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197^ LIBRO
rara, ha voluto spontaneamente cedermi que- sto onore, e mi ha trasmesse esattissime copie di ambedue gli esemplari, segnando le diver- sità che passano tra essi e l’antica edizione.
Io ho creduto perciò di far cosa grata a’ let- tori, e di aggiuguere qualche pregio a questa mia Storia , col pubblicare al fine di questo tomo il detto poemetto. Qui frattanto andremo scorrendo i nomi di tanti valorosi poeti che in esso l’Arsilli ci mette innanzi, e confrontando ciò che ne dice, con ciò che della maggior parte di essi ci lasciò scritto il Giraldi ne’ suoi dialoghi De Poetis suorum lemporum. Ma prima mi convien djre dell’autore del poemetto, gio- vandomi delle notizie che me ne ha cortesemente inviate il suddetto abate Cancellieri. Aveane già ragionato il conte .Mazzucchelli ( Scritt . ital. t. 1, p. 1142); ma egli avea solo potuto ripeterci ciò che se ne legge negli scrittori di que’ tempi.
Al contrario l’abate Cancellieri, avendone tra le mani le opere, ne ha potuto raccogliere as- sai più certe notizie. Due grossi volumi in 4*° se ne conservavano già presso gli eredi. Ma un di essi si è smarrito, e forse in esso con al- tre opere si ritrovava la traduzione de’ Prolo- quii d’Ippocrate, di cui fanno menzione il Gio- vio ( Elog . p. 65) e il Giraldi (De Poet. suor, tcmp. dial. 2, Op. t. 2, p. 564). I11 quello che or ne rimane, si contengono le seguenti opere, tutte in versi latini: Amorum libri in: De Poe - tis urbanisr. Pirmillieidos libri tres , cioè in lode \ di una donna da lui lungamente amata, e da Ini detta Pirmilla : Piscatio : Hclvetiados libcr unus : Praedictionum libri in , oltre alcune poesie ,
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TERZO I977
le quali opere 5011 tulle inedite , se se ne tragga il libro De Poetis urbanis. Ei fu natio di Sinigaglia, di nobil famiglia, e fratello di Paolo inviato dalla sua patria nel j5i6 a complimen- tare il nuovo duca d’ Urbino Lorenzo de’ Me- dici , come si raccoglie da’ Consigli e dalle Ri- formazioni di quella città. Dopo avere coltivati felicemente i primi studi elementari, passò al- l’università di Padova, ed ivi attese agli studi della filosofia e della medicina, ne’ quali ancora ebbe poscia la laurea, di cui si conserva l’ori- ginale diploma in Sinigaglia presso gli eredi. In esso è segnato il giorno 26 di luglio, ma non può rilevarsene l’ anno. Poiché però vi è nomi- nato il vescovo Pietro Barozzi, come cancel- liere di quella università, ciò dovette accadere tra ’1 i5oo e’1 i5o6 (V. Mazzucch. Scrilt. ital. t. 2, p. 4*8 ). Del suo soggiorno e de’ suoi studi in Padova ragiona egli stesso nella prima elegia del libro secondo de’ suoi Amori :
Te duce , Phoebe , novns viiae primordia vates. Excoluit molli* et tua tempia puer.
Te suadente etmin Palavi migravit ad Urbetn ,
Et grave Chrysippi dogmala novit opus.
Inde animo rerum latitnntia semina , causas Vidit, et astri gerì devia signa poli.
Et didicit Coi duce te praccepta Magistri ,
Atipie Marhaoniac munus et arti* opein.
Tornato a Sinigaglia, e innamoratosi della Pe- rniila, stette ivi cinque anni amando, e cantando i suoi amori, finché per desiderio di spezzar le catene , abbandonata la patria , dopo diversi non brevi viaggi, si fissò in Roma. Così ci narra
1978 LIBRO
egli stesso nella seconda elegia del libro terzo de1 suoi Amori:
Sic miser ingratae decrevi virginia ora
Deserere , et patrio quam procul esse solo.
Non potuit genitiix canos lamata capiilos Ante pedes nati vertere corda sui :
Non valuit fraternus amor , nil turba sororum ,
Quin sponte a patina sim vagus exul humo.
E poco appresso :
Per varios calles tranataque llumina et alpes Fit miseri Latium terminus exilii.
Tane licuit primum Romanas cernere turres, Romuleasque domos, moenia , rara, viros.
In Roma si trattenne più anni esercitando la medicina, caro a’ letterati che ne conoscevano il valore, ma ciò non ostante non molto felice nel radunare ricchezze; perciocché, come il Giovio e il Giraldi affermano, essendo egli per naturale amore di libertà poco amante della corte, ei fu dalla corte medesima dimenticato. Nell’anno 1527 tornò a Sinigaglia, ed ivi visse tranquillo fra i suoi studi fino alla morte, da cui tu preso, secondo il Giovio. in età di set- tant’ anni. Ei vivea ancora a’ 29 di settembre del i54ò, come si raccoglie dal testamento di Paolo di lui fratello, segnato in quel giorno. Ma è probabile che non molto sopravvivesse, iv. IV. Or venendo a’ poeti viventi a’ suoi tempi frrein Roma, che si lodano dalPArsilli, egli indi- dc’ poni d-1 rizza il suo poemetto a Paolo Giovio, e co-
t-mr. noi: . . , , „ r , ... , .
m nc rum- mincia dal fare le maraviglie come a que tempi uni.”" J fioriscano tanti e sì valorosi poeti, mentre pure sì scarsi erano i premii alle lor fatiche renditi;
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■ TERZO I Q";)
rial clie egli raccoglie che più degno di lode era quel secolo stesso in cui il solo amore della virtù e degli studi produceva sì grandi e sì copiosi fruiti, che quel di Augusto e di Mecenate, in cui la speranza del guiderdone eccitava gli animi ancor più indolenti e più pigri. Questo lamento fatto a’ tempi di Leon X non può non sembrare strano e importuno. Ma già abbiamo altrove veduto (l. i, c. 2) che al- tri ancora menarono somiglianti querele ; e forse il vedersi dalla corte poco curato, fu ciò che indusse l’Arsilli a dolersi in tal jnodo, mentre pur Roma risonava per ogni parte degli elogi che gli eruditi, 'e singolarmente i poeti, ren- devano a Leone. Passa indi a annoverare i più illustri poeti eh’ erano allora in Roma, e il Sa- doleto e il Bembo sono i primi eli' egli ci mette innanzi; e le loro poesie latine sono in fatti degne degli encomii di cui egli le onora. Ma di essi già si è parlato. Loda poscia un certo Antonio Colonna, in modo però, che non s’intenderebbe che di lui ragionasse, se non ne avesse segnalo in margine il nome nel primo esemplare. Nè di questo poeta io ho altra no- tizia. Siegue il Vida, di cui ci riserbiamo a dir tra non molto; e, dopo il Vida, Francesco Sperulo da Camerino , di’ egli celebra come ugualmente elegante e nella Poesia elegiaca e nell’eroica e nella lirica. Di lui fa menzione an- cora il Giraldi (/. cit. dial. 1, p. 542) che lo nomina Francesco Sfernlo, e dice che oltre i libri elegiaci dell’ Amor coniugale, e gli Epi- grammi e le poesie liriche già composte, avea tra le mani non ancora finite le Imprese di
lf)8o LIBRO
Cosare Borgia e di Alessandro VI, e una isti- tuzione di tutta la vita dell' uomo, da lui inti- tolata Anlropographia o Anlropoedia, ma ch’e- gli era scrittor duro e troppo amante del suo sentimento. Niuna cosa di questo poeta si ha, ch’io sappia, alle stampe, trattone qualche componimento nella Coriciana. Di Batista Pio, . che vien poscia nominato, diremo nel ragionar de’ grarnatici. Più degno d’esser qui rammen- tato è Marcantonio Casanuova , da tutti gli scrittori di que’ tempi lodato come uno de’ più ingegnosi poelj , se , per troppo secondar il suo ingegno, non àvesse dimenticata la naturalezza e l'eleganza. Questo è il giudicio che di lui por- tano il Giovio (Elog. p. 47) e il Giraldi (/. cit. p. 54i), i quali ne parlano in modo che ben dimostrano che l’iinitazion di Marziale, affet- tati^ dal Casannova, dal buon gusto di quell’età gli veniva attribuita a biasimo più che a lode, ligli era oriondo da Como, ma nato in Roma, del che, oltre la testimonianza de’ due suddetti scrittori, abbiamo quella del Bandello: Ferine, dice egli (t. 4, no v. 1 4 ) » non è molto da Roma a Milano il dotto M. Marcantonio Casanuova per andare a Como a vedere li suoi propinqui ; perciocché sebben egli nacque in Roma, e fu criato de la magnanima Casa Colonna , il pa- dre suo nondimeno era' Cittadino Comasco. Egli in Milano fu molto accarezzato da tutti quei che de le buone lettere si dilettavano. 11 Gio- vio ne loda l’innocenza e l’amabilità de’ co- stumi, ma aggiugne che essendo egli al servigio de’ Colonnesi , de* quali grandi erano allora le discordie col pontefice Clemente VII, prese a
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terzo iy8i
mordere acerbamente colla sua penna il pon- tefice stesso , che perciò arrestato e dannato a morte, fu ad essa sottratto dalla generosità di Clemente che gli perdonò; e che finalmente morì nella peste che dopo il sacco di Roma finì di recare all' ultima desolazione1 quella città.
Più compassionevole è la descrizion della morte del Casanuova, che ci ha fatta il Valeriano (De Infelic. Lilier. I. 2, p. 86); perciocché egli narra che lo sventurato poeta si vide allora ri- dotto alle estreme necessità, e che costretto persino a mendicare il pane, e non trovando- nef di disagio e di peste diè fine a’ suoi gior- ni. Alcuni Epigrammi se ne trovano qua e là sparsi in diverse Raccolte, e due ne ha pub- blicati di fresco il eh. signor ab. Gianfrancesco Lanccllntti ( Poesie del Colocci, p. 65, ec. ).
V. Anche un comico , cioè un certo Gallo y- romano, vien dall' Arsilli lodato come attore ti i<xi"ìjj- insieme e poeta eccellente; ed egli è probabil- I Ar‘' '* mente quell’ Egidio Gallo di cui si hanno versi nella Coriciana. Cammillo Porzio è qui .ancor celebrato come uno de’ più felici imitatori di Tibullo, e di lui si è già fatta altrove menzio- ne. Sieguono indi congiunti insieme Giammaria Cattaneo e un certo Augusto da Padova. Del secondo io non ho alcuna notizia: , ma il primo fu uomo celebre pe1 suoi studi e per le sue opere, tra le quali però le meno pregevoli son le poetiche. Egli era di patria novarese , e fu in Roma segretario del Cardinal Bendinello Sanli. I Comenti sulle Epistole e sul Panegirico di Plinio, e le traduzioni di alcuni opuscoli di Afìonio, d’ Isocrate e di Luciano, gli fecero
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1983 UBno
aver luogo tra gli uomini dotti- Ei volle poscia provarsi ancora alla poesia, e, oltre alcuni brevi componimenti, pubblicò un poemetto latino in lode di Genova, in grazia del Cardinal suo pa- drone. Un altro più ampio poema avea egli intrapreso, che non potè condurre a fine, sul- '■T argomento medesimo , che fu poi sì ben ma- neggiato da Torquato Tasso; e il Cotta afferma che anche il Cattaneo avea preso a scriverlo in ottava rima ( Museo novar. p. l'jS). Ma la maniera con cui ne parlano il Giraldi (/. cit. p. 54o) e il Giovio (Elog. p. 49), mi persuade eh’ esso pure fosse in versi latini. Altre notizie intorno al Cattaneo e alle opere da lui (/pub- blicate, 0 non finite, si posson vedere presso i tre suddetti scrittori. Antonio Lelli romano ci vien dall’ Arsilli dipinto come poeta ardito e mordace, Tommaso Pietrasanta come limatore diligentissimo delle sue poesie, Evangelista Fau- sto Maddaleni di patria romano, come tenero e dolce poeta; e di quest’ultimo dice il Giraldi (/. cit p. 544) che avrebbe fatti nel poetare più felici progressi, se la moglie e le domesti- che, cure più che le Muse non l’avessero oc- cupato. Loda poscia l’ Arsilli il celebre Baldas- sar Castiglione, le cui Poesie latine non son veramente inferiori ad alcuna di quelle di que- sto secolo; ma di lui si è parlato a lungo tra’ poeti italiani. Si loda indi dall’ Arsilli come dolce ed elegante poeta un Meliino. Romano, della qual famiglia furono al tempo medesimo tre fratelli, Girolamo che, mentre dava di se stesso più liete speranze,, fu da immatura morte ra- pito nell’ età di soli ventiquattro anni; Pietro,
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TERZO *983
che è probabilmente quello di cui qui si ra- giona , e di cui alcune Poesie si hanno nella Conciaria, e che è uno degl’ interlocutori dal Valeriano introdotti nel suo Dialogo dell’ Infe- lici là de’ Letterati ( V aler. de Jnfel. Litler. p. 6 o), e Celso celebre per* 1* accusa* da lui in- tentata in Roma a Cristoforo Longolio fiam- mingo per una declamazione da esso scritta contro i Romani , intorno alla quale degne son d’ essere lette alcune lettere del Longolio me- desimo e del Sadoleto (Sadol. Epist. t. 1, p. 4< • ec.). Dell’ infelice morte di Celso, an- negato in un torrente vicino a Roma, parlano lutti gli scrittori di que’ tempi, e singolarmente il Valeriano (/. cit. ), il quale ancora in quel- F occasione scrisse un’ elegia ( Carm. p. 28 ). Blosio Palladio è egli pure annoverato J e non senza ragione , tra1 valorosi poeti , e ne abbiamo de’ saggi nella più volte mentovata Coriciana, e in qualche altra Raccolta, e nel poemetto da lui pubblicato in lode della Villa di Agostino Gliigi, stampato in Roma nel i5i2. Di questo illustre poeta, dopo altri scrittori, ha parlato a lungo l’eruditissimo Cardinal Stefano Borgia che ne ha data per la prima volta alla luce un’orazione da lui dettatili occasione dell’am- basciata inviata da’ Cavalieri di Rodi al ponte- fice Leon X l’anno i52i (Anecd. rom. t. 2, p. i65, ec.) (a). Egli era oriondo dalla Sabina,
\
(a) Di Blosio Palladio alcune altre più minute noti- zie ci ha somministrate il eh. abate Marini , e singo- larmente il bell’ elogio fattogli dal Massarelii nel rac- contarne la morte (Degli Archiatri ponti/, f. a , p. 274).
VI.
Angelo Co- lori i crf alili podi.
1984 Liuao
e dice vasi veramente Biagio Pallai, nome che fu poscia da lui cambiato, secondo l’uso del- l’Accademia romana, in' quel di Blosio Palla- dio. L’anno i5i6 fu con onorevolissimo decreto dichiarato cittadino romano; dal qual decreto , pubblicato dal camlinal Borgia, raccogliesi che egli era già stato uno de’ Riformatori della Sa- pienza di Roma. Fu poi da Clemente VII scelto a suo segretario, c nell'impiego medesimo con- fermato da Paolo III, caro ad ameudue questi pontefici per la sua integrità non meno che pel suo sapere, e amato al tempo medesimo da’ più colti uomini di quell’età, e singolarmente dal Sadoleto. Nel 1840 fu da Paolo III nomi- nato vescovo di Foligno, la qual chiesa ei ri- nunziò poscia a Isidoro Clario nel 1 547 ^ e lre anni appresso finì di vivere in Roma. Ei fu uno de’ principali ornamenti dell’ Accademia romana , quando ella si felicemente fioriva a’ tempi di Leon X e di Clemente VII , come di essa parlando abbiamo accennato, e Girolamo Rorario nel raro suo opuscolo, Quod ariimalia bruta ratione utantur melius homine , descrive i vaghissimi orti e l’ amene ville che presso Roma egli avea, e ove è probabile che gli ac- cademici spesso si r«tccogliessero ( p . 89, ec,).
VI. Fra tanti illustri poeti latini veggiarn no- minata anche una donna , cioè una cotal De- ianira , di cui io non ho più distinta notizia. Severo da Piacenza monaco cisterciense , da noi lodato tra’ coltivatori della lingua greca , ha egli ancòr luogo in tal numero. Batista Ca- sali romano, di cui parla il sig. abate Lan- cellolli nelle sue Note alle Poesie del Colocci
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TERZO 1985
( p 58, ec. ), Achille Bocchi bolognese, so- prannomato Filerote , di cui altrove abbiadi fatta menzione, Giampierio Valcriano, da noi parimenti già rammentalo , Vincenzo Piropi- nelli romano, Filippo Beroaldo il giovane, di cui direni tra’ gramatici, Mario Malici di Vol- terra, di cui pure si è detto ad altra occa- sione, Bernardino Capella romano, lodato ancor dal Giraldi ( l. cit. p. 54 * ) e dal Valeriano ( l. cit. p. 90), Antonio d’Amiterno, di cui si hanno Poesie nella Coriciana, benché sia stalo ommesso dal conte Mazzncchelli , e la cui in- felice fnorte descrivesi dal Valeriano ( ib.p. a3 ), Rafaello Brandolini, soprannomato il Lippo , rammentato già tra’ poeti dell1 età precedente , Giannantonio Maroslica, Lorenzo Vallati ro- mano, Lucca da Volterra medico, Marcanto- nio Flaminio, di cui dovendo noi parlar lun- gamente ci risèrbiamo a farlo più sotto, Scipione Lancelictti medico romano , e Donato Poli fio- rentino che non ostante 1’ estrema sua povertà fu crudelmente ucciso da un suo servidore avido di occuparne le sognate ricchezze ( ib. ) , tutti son dali’Arsilli lodati come valorosi poeti. Ma a noi basti 1’ averne qui ricordati i nomi. Non così ci è lecito fare di Angelo Colocci , il quale e pel valore nel coltivare le lettere, .e per la liberalità nel proteggerle, non ebbe in questo secolo molti che il pareggiassero. Poco però ci dovremo affaticare nel raccoglierne le notizie, perciocché il soprallodato abate Gianfrancesco Lancellotti , che ne ha -pubblicate l’anno 1773 le Poesie italiane e 'latine, ha lor premessa la Vita dello stesso Colocci , scritta con tal
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diligenza e con sì copioso corredo d'erudizione, che non possiamo sperare di dir cosa nuova. Jesi fu la patria del Colocci , ed egli vi nacque da Niccolò Colocci di antica e nobil famiglia, e da Fortunata Santoni l’anno 1 4^7- Io Roma attese agli studi , e sotto la direzione di Gior- gio Valla ( se pur questi fu- mai professore iu Roma , di che io noti trovo indicio alcuno ) e di Scipion Forteguerri fece non ordinari pro- gressi nelle lingue greca, latina e italiana, e nella provenzale ancora , di cui molto ei si compiacque. Il tentativo che fece nel i486 Fran- cesco Colocci , zio di Angelo , di rendersi si- gnor di Jesi , costrinse tutta questa famiglia ad uscir dallo Stato ecclesiastico , e a ritirarsi a Napoli , ove Angelo ebbe la sorte di conoscere i colti ed eleganti poeti che ivi erano in sì gran numero , come il Fontano , il Sannazzaro , il Lazzarelii , il Summonte , l’ Allibo e più altri , e sull’ esempio della più parte di essi cambiò egli ancora il suo nome facendosi dire Colozio Basso. Sei anni appresso ottenne di esser ri- chiamato alla patria , ove divise il tempo tra i domestici affari e i diletti suoi studi , ono- rato ancora di alcuni pubblici impieghi, e del- 1’ ambasciata al pontefice Alessandro VI , che i suoi, cittadini affidar, ongli nel 1498- Angelo tornato in tal occasione a Roma, vi fissò il suo stabil soggiorno, e facendo ottimo uso delle ricchezze, parte proprie della sua illustre famiglia, parte raccolte dalle diverse onorevoli cariche che in diversi tempi ei sostenne nella corte romana , rendette la sua casa e i suoi orti gli orti e la casa delle lettere e delle Muse.
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TERZO 1987
L’Accademia romana, che dopo la morte di Pomponio Leto andava quasi raminga, fu da lui accolta. Una copiosa e scelta biblioteca , una magnifica collezione di statue , di meda- glie e d’ altri antichi pregevoli monumenti ren- devano gli orti del Colocci famosi in Roma , e più famosi ancora rendeali 1’ animo splen- dido e liberale dei lor possessore, il quale sem- brava non esser ricco che a vantaggio de’ dotti. Quindi pieni sono delle lodi di Angelo i libri pubblicati a quel tempo , e molti de’ loro au- tori confessano di aver avuto da esso o aiuto 0 stimolo alla lor pubblicazione. Il senato ro- mano io onorò del titolo di patrizio , cui ren- dette comune alla famiglia Colocci , e non fu egli men caro a’ pontefici Leon X, Clemente VII e Paolo IH. Il primo di essi , oltre un dono fattogli di quattromila scudi per certi versi scritti in sua lode , il nominò suo segretario , e mortegli già amendue le mogli che il Colocci successivamente avea menate, nel i5ai gli diè la sopravvivenza al vescovado di Nocera. Que- sta da Clemente VU gli fu confermata, da cui ebbe ancora il governo d’ Ascoli , e fu inviato a diverse corti d’Europa, per unire i principi in quella lega che fu poi sì fatale al pontefice. E il Colocci stesso tornato frattanto a Roma, ebbe non leggier danno 5 perciocché nel me- morabil sacco del 1627 ei sostenne gravi af- fronti , vide incendiata la sua casa , rovinati i suoi orti , e dovette sborsare una gran somma di denaro per riavere la libertà. Andossene al- lora alla patria, e per alcuni mesi attese a ri- storarsi da’ sofferti gravissimi danni. Indi tornato Tirajboscui, Voi. XIII. 2
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a Roma l’ anno seguente , si adoperò a racco- gliere le infelici reliquie della dispersa Acca- demia. Nel 1 537 7 morto il Favorino, gli sot- tentrò il Colocci nel vescovado di Nocera, cui poscia cedette* nel i54<3 a Girolamo Mannelli da Rocca Contrada suo nipote , e tornato a vivere tranquillamente in Roma , ivi diè fiue a’ suoi giorni nel dì 1 maggio del i549- Delle molte opere dal Colocci composte , le quali appartengono presso che tutte alla piacevole letteratura , benché pure abbiavi qualche opu- scolo filosofico c matematico , io lascerò che ognun vegga 1' esatto catalogo che ce ne ha dato lo scrittoi1 della -Vita. Le Poesie latine del Colocci sono per eleganza e per grazia uguali a quelle de’ più colti poeti di questa età. Le Poesie italiane , benché non mi sembrino tali da stare a confronto colle latine , per riguardo nondimeno al tempo in cui furono scritte , cioè al principio del secolo, mentre sì scarso era il numero de’ buoni rimatori , si possono esse pure annoverare tra le migliori ehe di que’ tempi si abbiano , e deesi perciò al Co- locci la lode di avere e coll’ esempio e colla munificenza giovato non poco a ravvivare e a rendere vieppiù fiorente funa c l'altra poesia.
Tv*i VII. Al Colocci congiunge l’Arsilli Scipion inPiu!Tm,'‘cj Carteromaco , ossia Forteguerri, e Giano Par- rasio. Ma del primo abbiam favellato nella sto- ria del secolo xv , del secondo favelleremo nel capo seguente. Nomina poscia con molta lode Gianluigi Vopisco napoletano , di cui alcune Lettere al Colocci ha pubblicate 1’ abate Lan- cellotti ( Vita di A. Colocci, p. 87 ), e Mariangelo
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Accorso aquilano, di cui e delle cui opere si hanno copiose notizie presso il conte Maz- zucchelli ( Scritt. ital. t. 1, par. 1, p. 92 ) (a). Fra questi poeti di patria italiani , alcuni ne frammischia l’Arsilli di nazione tedeschi , che viveano in Roma, e de’ quali perciò non è di quest’ opera il ragionare. Sieguono indi Andrea Fulvio, di cui abbiami rammentato altrove il libro Delle Antichità di Roma, un certo Sil- lano da Spoleti , il Tcbaldeo, di cui si è trat- tato nel tomo precedente , Luca Buonfigli pa- dovano , di cui non so che si abbia alcuna cosa alle stampe, e Cammillo Paleotti bolognese , di cui abbiam fatto un cenno nel parlare degli scrittori del Diritto canonico. Due altri illustri poeti si congiungono da lui insieme , Tommaso Fedro Inghirami e Fabio Vigile da Spoleti , , detti amendue lumi principali della Sapienza di Roma , in cui furono professori di eloquenza.
Il secondo nella Raccolta Coriciana , in cui ha alcuni versi latini , è detto Fabius Agathidìua Vigli Spoletinus. Ma nelle Rime sacre e mo- rali di diversi autori , stampate in Foligno nel- l’ anno 1629, in cui egli ne ha alcune, è detto semplicemente Fabio Vigili ( Quadr . t. 2, p. 3^2 ) (b). Ei fu segretario de’ Brevi di Paolo III, e vescovo prima di Foligno e poi di Spoleti ( Bonamici De ql. Pontif. Epist. Script p. 2a3,
(a) Più esatte notizie intomo a Mariangelo Accursio e alle opere da lui pubblicate ci ha poscia date il P. d’ Afflitto (Mem. degli Scrii!, napol. t. 1 , p. 20 , ec. ).
(b) Di Fabio Vigili ha prodotte nuove e più esatte
notizie il soprallodato ab. Marini ( t. 1, 287).
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ed. 1770), e un magnifico elogio ce ne ha lasciato Giampierio Valeriano a lui dedicando il libro ix de’ suoi Geroglifici : Tu quoque ,
dice egli , nullum discendi genus , nullam ar- canae quantumlibet doctrinae partem intactam reliquisti, quae de divini s liumanisque studiis, de rerum natura , de moribus , de rationc do- cetìdi , de quacumquo re vel dici , vel excogi- tari possunt. tuo ilio magno ingenio felicissi - maque memoria complexus es , ut vix alterum aetate nostra conspiciam , quern Marroni illi litteratissimo conferre possim. Ma più celebre ancora lu il primo , e degno perciò che se ne parli con maggiore esattezza; nel che ci potrà servire di scorta 1’ elogio che ne è stato in- serito tra quelli degli illustri Toscani ( t. 2 ) , e ciò cbe ne ha scritto il eh. P. abate e poi monsignor Galletti all’occasione di pubblicarne nel 1777 due nuove orazioni: Tommaso In- ghirami nobile di Volterra , figlio di Paolo e di Lucrezia Barlettani, e nato nel 1470 , in età di due soli anni fu costretto pe’ tumulti civili a lasciare la patria e a ritirarsi a Firenze, donde poscia nell’anno i483 passò a Roma, ove tutto si consacrò alle Muse; e perchè era non solo di pronto e vivace iugegno , ma or- nato ancora di quelle doti che alle teatrali rap- presentazioni son necessarie , essendosi avve- nuto in que’ tempi ne’ quali, come altrove si è osservato ( t. 6, par. 3, p. i'òoq ), comincia- rono esse a rinnovarsi in Roma per opera sin- golarmente del cardinale Rafaello Riario, in ciò si rendette celebre i’inghirami; e nel recitare tra lo altre la tragedia di Seneca intitolata
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l' Ippolito , sostenne con tale applauso il perso- naggio di Fedra , che d’ indi in poi fu sempre soprannomato Fedra o Fedro. Così racconta di aver udito dallo stesso cardinale Rìario il celebre frasmo, che dice di aver in Roma conosciuto Tommaso , da lui per crror detto Pietro, e ne loda assai l’eloquenza, per cui afferma che ei fu detto il Tullio della sua età ( Erasm. Epist. t. 1, ep. 67 1 ). Alcuni aggiun- gono che il plauso in quell’ occasione da lui ottenuto dovettesi principalmente alla prontezza con cui, essendo in isccna, rottasi una mac- china del teatro, per cui conveniva interrom- per F azione , la sostenne e la continuò egli solo, recitando all’ improvviso non pochi versi. Ma di ciò io non trovo memoria negli scrit- tori di que’ tempi. Ben trovansi ne’ medesimi frequenti elogi del raro ingegno e dell’ ammi- rabile eloquenza dell’ Inghirami. Il Sadoleto lo introduce a favellar nel Dialogo in cui prende a biasimare i filosofici studi , la difesa de’ quali affida egli poscia a Mario Mafi’ei , e ne ram- menta i delti faceti , e talvolta ancora pun- genti , to’ quali solca condire i suoi discorsi , ina ne esalta principalmente la singolare elo- quenza : Quod ne longe abeat , così egli fa dire al MafTei (De Landib. Philos. p. 187, ed. Ve- ron. ) , in tua ipsius arte potes , Phaedrc , perspicere. Quum enim te Oratorem nobis praebeas gravem atque magrtum , quod idem facere nituntur in hac Civitate pemudti , quid causae est, quod te dicente roncurrintus om- nes uiulìque , attendimus , admiramur , tuae- que eloquenliae fulmina quasi exliinescimus ?
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Somiglianti sono le lodi di cui l’onorarono e il Bembo (Dial. de Calice ) e Giano Parrasio ( Quaesil. per Epist. p. 64 , ed. Neap. 1771), i quali parimenti cel rappresentano come il più eloquente oratore che avesse alior Roma. Fu perciò 1’ Ingliirami onorato distintamente da’ romani pontefici , poiché da Alessandro VI ebbe un canonicato in S. Pietro (a), e un altro in S. Giovanni Laterano, e fu inviato nell’ an- no i495 insiem col cardinale Bernardino Car- vaial oratore a Massimiliano I, da cui ancora con onorevol diploma fu dichiarato conte Pa- latino e poeta laureato, col privilegio di' ag- giugnere alle divise della sua famiglia 1’ aquila ' imperiale; da Giulio II, oltre altri onorevoli impieghi, ebbe la prefettura della biblioteca Vaticana ( V. Assentati. Catal. Bibl. var. t. 1 , praef. p. 60 ) , e da Leon X ancora fu arric- chito di più beneficii , e forse a più alto grado d’ onore sarebbe stato innalzato , se una im- matura e funesta morte non l’avesse rapito. Perciocché l’anno i5i6, mentre egli cavalcava su una mula per Roma , questa atterrita da due bufali che traevano un carro in cui si av- venne , si scosse ed infuriò per modo , che l’ Inghirami ne cadde , e benché felicemente il carro gli passasse sopra senza offenderlo , la percossa però e lo spavento fu tale che, dopo
(«) Non ila Alessandro VI , ma da Giulio li ebbe l’Inghirami il canonicato in S. Pietro, come ha avver- tito il sig. abate Marini clic alcune altre notizie ci ha date di questo elegante scrittore ( Degli Archiatri pon- tif. t. 1, p. 218 , ec. ).
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una lunga malattia, Gnì di vivere in età di cir- ca 46 anni ( Valer, de Infelìc. L'iter. I. 1 , p. 2 5 ). Monsignor Galletti però osservando l’ abito in cui è dipinto Fedro in una pittura che rap- presenta questo fatto , argomenta eh’ esso ac- cadesse prima dell’ anno 1 5o8 ; e poiché egli non mofì che nel i5i6, ne trae per conse- guenza eh’ egli non morisse già per quel sini- stro accidente. Il qual discorso avrebbe non poca forza, se antica fosse quella pittura, e non vi fosse luogo a temere di qualche error ne} pittore. Il sopraccitato' Parrasio , piangen- done amaramente la morte , si duole ( l. cit. p. 246 ) eh’ egli abbia lasciate imperfette tante e sì belle opere, alle quali niuno avrebbe avuto il coraggio di dar 1’ ultima mano , e ne accenna principalmente 1’ eloquentissfinp-Orazioni , un’A- pologià contro i biasimatori di Cicerone, che Fedro aveagli Ietta pochi dì innanzi all1 ultima malattia , un Compendio di Storia romana , un Comento sulla Poetica d’ Orazio e alcune Qui- stioni sulle Commedie di Plauto. Il $adoleto ancora si duole che le opere dell' Inghirami , dopo la morte di esso , si fosser disperse e perdute ( l. cit. p. 1 8 1 ). In fatti nulla Gno a’ dì nostri sf era veduto alle stampe di questo celebre oratore , se pure, comesi sospetta dal- 1’ autor dell1 Elogio sopraccitato non è opera cMP Inghirami il supplemento all’ Aulularia di Plauto , stampato la prima volta in Parigi nel 1 5 1 3 (a). Una lettera latina a un certo
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(a) Abbiamo osservato altrove che esso è di Urceo Cedro ( Dibl. moti. t. 5 , p. 4^4 )•
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Andrea, religioso Umiliato, ne fu stampata dopo le Lettere di Marquardo Gudio (p. 189). Cin- que Orazioni ne sono state pubblicate di fre- sco dal suddetto monsignor Galletti ( uinccd '. rom. t. 1, p. 277; t. 2 , p. 125 ; t. 3, p. i83; Th. Ph. Inghir. Orat. duae , ec. Romap 1 777 ) , tratte da un codice del eh. monsignòr Mario * Guarnacci , in cui si conservano molte Ora- zioni , Poesie e Lettere dell’ Inghirami (a). E queste Orazioni, beuchè non mi sembrino de- gne vdi que’ magnifici elogi con cui abbiamo udito parlarne i più dotti uomini di quel tem- po , sono nondimeno scritte con eleganza e con eloquenza-, nè è perciò a stupirsi se al- lora, quando l’arte oratoria era sì poco ancor conosciuta, sembrasser cose ammirabili, avvi- vate singolarmenlè da’ rari talenti esterni di cui era 1’ Inghirami dotato. Ma torniamo al- l’ Arsilli.
^viu. Vm. Di Cesare Sacelli milanese ci dà l’Ar- ■iene dc’poc* gelati qualche notizia {Bibl. Script, mcdiol. t. 2, dai Pars b P- 1 )• Ma egli non ha avvertilo che
«no Aniiii. alcuni versi latini se ne leggono nella Coricia- na , e che l’Arsilli il loda come uno degli ec- cellenti poeti che allor viveano in Roma , e che rammenta un poema eh’ egli stava scrivendo in lode del famoso Gian Jacopo Trivulzi , il qual però non lia mai veduta la luce. Quel Fran- cesco Cetrari , di cui fa poscia menzione l’Ar- silli, è forse lo stesso che quel Pietro Cetrari
{a) Un" orazione dell’ Inghirami in lode di S. Tonunaso era stata stampata in Roma sulla fine del sècolo xv ( Audi/redi , Calai, rom. edit. saec. xr, p. )•
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di cui l’abate Lancellotti riporta l’ iscrizion fu- nebre fattagli dal Sadolelo ( Vita del Colocci , p. 129). Poco conosciuti ancor sono tre altri poeti clic ad èssi sieguono, Michele Venturi da Foligno, Giovanni da Macerata medico, da noi nominato altrove col nome di Giovanni Antra- cino , e un certo Niccolò da Padova sacerdote dell’antico Ordine de’ Crociferi, de’ quali tre poeti si hanno alcuni versi nella Coriciana. Di Guido Postumo della famiglia Silvestri pesarese, che ad essi dall’Arsilli si aggiugne , parlano il Gìraldi ( l. cit.p. 538 ) e il Giovio ( Elog.p. 43)} e , secondo essi , ei fu poeta mediocre , singo- larmente negli endecasillabi e negli eroici , al- quanto più felice nell’ elegie, due libri delle quali furono da lui pubblicali in Roma nel i5i j, c dedicati a Leon X. Ei fu un de’ poeti che fre- quentarmi la corte di questo pontefice ; ma i lauti banchetti , de’ quali egli troppo si com- piaceva, gli furon fatali, e in età ancor giova- nile gli feccr contrarre una malattia pericolosa. Il Cardinal. Ercole Rangone , nella cui famiglia era già stato per qualche tempd maestre , il fe’ condurre a una sua villa in Caprauica , ma ivi fra poco tempo finì di vifere. Egli è lodalo ancora dall’ Ariosto ( Ori. fur. c. /\2 , st. 89 ) e da Giannantonio Flaminio ( Epist l. 5 , ep. 2 , 3 ; /. 6 , ep. io). Assai più diligentemente di tutti ne ha raccolte le più minute notizie il sig. cavalier Domenico Bonamini , che il difende ancor dalle accuse da alcuni degli scrittori da noi citati ad esso apposte ( Calogeri, N. Racc. t. 20 ). Assai più funesta fu la morte di Marco Cavallo anconitano lodato qui dall’ Arsilli , e
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ancor dal Giraldi ( l. cit.) , come valoroso poeta , e di cui alcuni versi si leggono nella Coricia- na. Perciocché, come narra Pierio Valeriano ( De Infel. Liter. I. 1, p. 4 1 ) ? dopo esser vissuto molti anni con fama di raro ingegno e di egregi costumi , mentre era segretario del Cardinal Marco Comaro, perduta avendo una lite, e attempo medesimo essendogli stala rubata da un disleale amico, presso cuij’avea depositata, una somma notabile di denaro, ne venne in tale mania, che , chiusosi nella sua stanza , con una spada si squarciò il seno e si uccise. Dell’ infelice morte di questo poeta ragiona ancora Ortensio Laudi ( Cataloghi , p. 348 ; Paradossi , /. 1 , parad. 1 4 ) » Ma egli l’attribuisce a un’alterazione di fanta- sia nata dal leggere i libri ne’ quali si ragiona della vita immortale. Sieguono poscia Paolo Bom- bace bolognese ucciso nel fatai sacco di Roma, e di cui parla diligentemente il conte Maz- . zucchetti (Scritt. ital. t. 2, par. 3, p. i5o6) (a), il qual però non accenna i versi latini che se ne hanno nella Coriciana ; Marcello Palonio ro- mano, che dojJo aver cantata in versi la cele- bre battaglia di Ravenp$ , preso avea a scrivere un poema in lodé di Romolo; e Bernardino Damano parmigiano , di cui rammenta le molte poesie di diversi argomenti che andava scri- vendo , e dice che l’ imperadore gvealo ono- rato della corona d’ alloro e delle divise di cavalier Palatino (ò); Francesco Modesto da Ri-
fa) Assai più esattamente ha parlato del Bombace il co. Fantuzzi ('Scriit. bologn. t. 1 , p. 276 , ec. ). _
(l) 11 Daidano verso il principio del ivi secolo era
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mini , autor di un poema in lode di Venezia ( Gyrald. ì. i, p: 54u ) , e Giano o Giovanni Vi- tale palermitano, di cui gran numero di poesie latine si ha alle stampe, il catalogo delle quali, insieme colle notizie di questo poeta , si può vedere presso il canonico Mongitore ( fìibl. sic. t. i, p. 3o5, ec. ) (a). Ma noi paghi di non
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siato chiamato a .Saluzzo a istruir nelle lettere il tìglio primogenito di Lodovico II , marchese di Saluzzo, e di Margherita di Fois di lui moglie. E nell’autunno del i5oi, essendogli permesso di andarsi a sollevare in Casale di Monferrato , e avehdo ivi trovata presso Benvenuto Sangiòrgio la traduzione della Tavola di C'ebete, fatta da Galeotto -marchese del Carretto, e da lui poscia in- serita nel suo Tempio d’ Amare, ei ne trasse copia per valersene nell’ istruzione del giovinetto suo principe. Di essa ha un esemplare il sig. Vincenzo Malacarne da me altre volte lodato, innanzi a cui leggesi una lettera del Dnrdnno a Giovanni Lodovico Vivaldo teologo do- menicano. Da essa raccogliesi che si trattava di con- durre il Dardano professore a Pavia ; ma eh’ ei non voleva indursi ad abbandonare il suo principe , il suo allievo e la città di Saluzzo. Al fine leggonsi due ottave del Dardano a Margherita di Fois moglie del marche- se, e a piè di esse cosi .egli scrive: l'ale ornamentum Gallie , Alarchionatus Stiluti arurn deciti cl prentiutn , Il- lustrissimi ac optimi Principia Ludovici deliciti ac sola- ti um , musarumque rnearitm et totius Ita/iar presidivi n. Ex Casali S. Evaxii Prid. Cai. Octolris AlCCCCCl. Di molte opere del Dardano fa menzione il sig. Vin- cenzo Malacarne nel suo Discorso ms. , altre volte lo- dato, intorno alla Letteratura Saluzzcse. Ma piti ampia- mente della vita e delle opere del Dardano ha poi scritto il valoroso P. Affò ( Aleni, d’ili. Paria, t. 3, p.a3(), ec.).
(a) Giovanni Vitale volle anche essere traduttore dal greco, e pubblicò in Roma nel i5i5 un’orazion di Lisia in difesa di Eratostene da lui recata in latino. Ma , come ha osservato l’ erudito P. Tommaso g erani da me più volte lodato , ella è la stessissima traduzione
IX.
Andrea Ma* ronc celebre impro» ma- lore.
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averli del tutto passati sotto silenzio, facciamoci a dire, più stesamente di due altri che qui si soggiungono daH’Arsiili , e che per la facilità d’improvvisare in poesia latina furono al tempo di Leon X rinomatissimi in Roma, benché con molta diversità tra l’uno e l’altro, cioè di An- drea Marone e di Cammillo Querno.
IX. Il Cardinal Querini annovera tra’ poeti bresciani il Marone ( Specim. Brijc. liter. pars a-, p. 509 ) , tra que’ del Friuli lo annovera il si- gnor Liruti ( Notizie de' Letter. del Friuli , ti 2 , p. cj8 ) , i quali amenduc , e singolarmente il secondo, ce ne han date copiose notizie. ’I lor sentimenti si possono di leggieri conciliare in- sieme , dicendo , come afferma dopo altri il sig. Liruti, ch’egli era nato in Pordenone nel Friuli, ma oriondo da Brescia, ove ancor sem- bra che qualche tempo egli stesse ne’ primi suoi anni , e che vi apprendesse quel dialetto in cui scrisse due sonetti che si conservano in un codice di Apostolo Zeno. Ei fu dapprima maestro di scuola in Venzone terra del Friuli; indi passò alla corte di Alfonso I duca di Ferrara, e fu assai caro al Cardinal Ippolito d’Este. Alcuni endecasillabi a lui scritti dal Caleagnini (Carni, p. 172) ci mostrano che il Marone fosse mal soddisfatto del- cardinale , perchè in un viaggio d’ Ungheria nói volle con- durre seco. Da alcuni monumenti però pub- blicati dal Liruti raccogliesi che in quel regno
di parola in parola, che avea già scritta Francesco Filelfo , % che ms. conservasi nel convento dell’ Inco- ronata in Milano (V. Cicereii Efjist. I. 1, p. 2^0).
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fu certamente per qualche tempo il Marone, ma non si sa nè a qual occasione, nè quando. Dalla corte di Ferrara passò poscia a quella di Leon X, che fu pel talento di Andrea il più luminoso teatro. Jl Giovio ( Elog. p. 44 ) > il Giraidi ( l. cit. p. 5 jo ), ifValcriano (De Liter. Infel. p. 26 ) , tutti scrittori di que’ tempi , e che aveanlo conosciuto ed udito , ci dicono cose maraviglio.se della facilità ch’egli avea nel- T improvvisare latinamente su qualunque argo- mento gli venisse proposto. Al suono della viola, ch’egli stesso toccava, cominciava a verseggiare , e quanto più avanzavasi , tanto più parea crescergli la facondia, la facilità, l’e- stro e l’eleganza. Lo scintillar degli occhi, il sudore che gli piovea dal volto, il gonfiarsegli delle vene , fucea fede del fuoco che interna- mente lo ardeva, e teneva sospesi e attoniti gli uditori , a’ quali sembrava che il Marone dicesse cose da lungo tempo premeditate. Molte pruove egli fece di questo suo raro talento innanzi al pontefice Leon X , le cui cene erano , per così dire , il campo in cui i poeti venivan tra loro a contesa ; e una volta singolarmente che in un solenne convito dato agli ambasciadori e a’ più ragguardevoli personaggi di Roma , egli invitato a improvvisare sulla sacra lega che al- lor tratta vasi ' contro il Turco , cominciò cou quel verso :
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Infeìix Europa diu quassala tumultu
Bellorum , ec.
E seguì lungamente con tal plauso di tutta qnel- f augusta assemblea, che il pontefice gli fe’ tosto
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dono di un beneGcio nella diocesi di Capova. Non solo egli vinse più volte e mandò confuso il.Quemo, di cui ora diremo, ma fece ancora ammutolire il celebre Aurelio Brandolini, so- prannomato Lippo, che in ciò avea gran nome. Così visse il Marone V tempi di Leon X, ono- rato e rispettato da tutta la corte, nella quale ancora aveagli il pontefice assegnata la stanza , ma senza che gli onori il facesser mai ricco , o perchè non gli si rendessero che sterili onori , o perchè egli, come sembra esser proprio di molti poeti, non sapesse goder de’ doni della fortuna. Sotto il pontefice Adriano VI, che ri- mirava i poeti come idolatri, ei fu cacciato dal Vaticano , a cui poscia fu richiamato da Cle- mente VII. Ma a’ tempi di questo papa il Ma- ron'e , fu infelicente avvolto , e non una volta sola, nelle sventure di Roma. Il Giraldi di lui parlando altrove, dice:
Nec qui bis captus Maro, bis pretioque redemptus
Moema nescit adirne direptae linquere Ilomae ,
Dum titulos sperat miser, et spes pasci t ipaues.
Carm. de dirept. Urbis l. 2, Op. p. 91 5.
Il qual passo s’interpreta comunemente del fa- moso sacco di Roma del iSay, come se allora il Marone due volte preso, dovesse due volte riscattarsi coll’oro. E fu forse così. Ma forse ancora il Giraldi allude qui a ciò che l’ anno innanzi era accaduto al Marone nel tumulto che in Roma eccitarono i Colonnesi. Il Marone , scrive Marcantonio Negri al Micheli a’ 26 di ottobre dell’ anno- i5a6 (Leti, de’ Principi, t. ì, p. 104 ), ha perduta tutta la roba sua, et 27
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TERZO 2001
ducati ; eh' erano nella sua stanza. Esso era in Borgo appresso la Penitenzieria, la qual tutta fu saccheggiata. Egli si salvò sotto un tetto mezzo morto dalla grave infermità poco innanzi patita e dalla paura. Ciò però fu un nulla in confronto a quello che gli accadde Hanno se- guente, quando preso nel mcmorabil sacco de- gl1 Imperiali, e trattato nelle più crudeli manie- re, dovette comperare a gran prezzo la libertà. Pensava egli di ritirarsi in Capova a vivere sul tenue beneficio che vi avea; ma il desiderio di ricuperare i suoi libri fermollo in Roma , ove dopo essersi aggirato infermo, mendico -e cadente per alcuni mesi , più non potendo so- stenere la vita, abbandonato da tutti, e rico- veratosi in una vile osteria, ivi si morì di dis- agio nello stesso anno 1527, in età di circa cinquantatrè anni. Pochi componimenti se ne hanno alle stampe, de’ quali il signor Liruli ci dà un distinto catalogo. Essi però, come av- verte il Giraldi , non corrispondono alla fama che il Marone si era acquistata , ed egli era , o pareva aimen più felice, quando verseggiava . all’improvviso, cne quando scriveva versi pre- meditati.
X.- Anche del Querno fa grande elogio l’Ar- x. siili. Ma diversamente di lui ragionano il Gio- Q„^nVm- vio ( /. cit. p. 5 1 ) e il Giraldi ( l. cit. p. 546 ) che cel dipingono come un solenne ghiottone, e " che non avea altro pregio che una rara facilità e una più rara impudenza nel verseggiare. Era egli da Monopoli nel regno di Napoli , ove era nato, secondo il Giuntini, a’ 4 di agosto del 1470 ( Caicnd. astrol. ad h. d. ). Venuto a Roma a’
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2002 LIBRO
' tempi di Leon X con un suo poema di ben ventimila versi, intitolato Alexiados , e presen- tatosi agli Accademici colla improvvisatrice sua cetra , essi al vederlo pingue in volto e ben zazzeruto , pensarono eh’ ei fosse opportuno a farne una piacevole scena. Raccoltisi dunque a un solenne convito in un’ isolelta del Tevere sacra già ad Esculapio, ivi, mentre il Querno mostravasi valoroso ugualmente nel poetai: che nel bere, gli poser lietamente sul capo una corona di nuovo genere, tessuta di pampini, di cavoli e di alloro, e con replicate viva lo acclamarono arcipoeta. Gonfio di tanto onore, bramò di essere presentato al pontefice, e in- nanzi a lui fece pompa del suo talento poeti- co. Leone conobbe che costui era tutto oppor- tuno a rallegrar le sue cene; e ad esse perciò ammettendolo, davagli a quando a (piando qual- che boccone, cui il ghiotton poeta standosi in piedi presso una finestra si divorava; e quindi il pontefice davagli a bere nel suo bicchiere me- desimo, a patto che dovesse dire tosto sul- F argomento propostogli almen due versi ; e s’ei non vi riuscisse, o se i versi fosser poco felici, fosse costretto a bere il vino ben adac- quato. Cosi il Querno serviva di trastullo al pontefice , il quale si compiaceva talvolta di verseggiare egli ancora, rispondendo al Quer- no, come allor quando avendo costui detto:
Archipoeta facit versus pio mille Poeti*.
Leone prontamente risposegli :
Et prò mille aliis Archipoeta bibit ;
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TEIlZO
a'oo3
v v« ^ a r -V •
Hoc etiam^£iiervat , debilitatgue pcdes, - V ^ J •
alludendo alla podaya^ da cui il bévjjjòj poeta era malconci#. -Avveniva però "a. Idi citi .die Suole avvenire^ ar buffoni > cioè-' c.be agli ap- plausi si frimai ischi avari.. talvolta , gl’ insulti' e ancor le percosse^. Ed egli ebbe inoltre la cqn- fusione di vedérsi .pjm'Volle -vinto dal Maróne, che - gli era superiore di troppo. E eiq fu ca- gione qlie il Qacrne comincio a. frequentar più di raro le cene del, 'pontefice , nelle quali- ei divette finalmente conoscere di essere d - tca.- stullo della brigata. Dòpo la mòrte di Leonrjfc, come, narra il Gioviò , andqssfene a Napoli^ ove, benché avessè qualclie teline ’ prèvvrsifjne ( Tafitri , ' Scritt. napol. L 3, par. i, p*. a,a5 y, si ridusse nondnneifp a tale stremo .di .pover- • - . tà ,~cbe caduto infermo , e ricoveratosi 'in mìo ', spedale ivi- , còme- afferma lo stessè 'GioVio, lacerandosi diLse Stessò'.colle forbici- il ventre eje -vìscere , disperatamente * sr uccise. Di . Ibi non si ha alle ; stampe, glie un póemeftò spila - GuerrS di Napoli , stampato - in questa' -città - . yl- ìSag^, «n* d* me non . veduto. ’ ; c ' .
XI. Jnsiemer col Quferno- ricorda il -Giraldi D xi. # alcuni altri poèti che amméssi*- alle' pene deLi i ienprov- mentovato pontéfice cercavano di. dare ad ààs£> diletto, e di ottenére -a' lor,- medesimi applauso colf improvvisare iò latino, ma 'per lo. più ‘inno.
- Ti ras ose m, Vói. X1Ù: - *' 3 - • •
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2od4; libro
riiodo'cjjè'ne venivano 'pùbblicamente beffeg- giati e 4.leri.si. E nomina principalmente pio- vanni Gàzojdo , ili cur^fce che p.e’ suoi ridi- coli ver^iffù spesso dal pontefice oondennato ad essèr^^ploaneYnente battuto e die si ren- dette la favola di tuttp Rotiate ad esso con- giunge Girolamo Brittopio > deriso eSso pure per la stessa ragióne. Celebre èancOf belle storie. il. noitìe di BaVaballo 4a Gaeta, clic van- tandosi di dire improvvisamente, versi uguali a miei dèi Petrarca , pretese di >essgre al par di liu-cortinato n^l Campidoglio j e si può ve- deri pj^sso il’ Giovio la' descriziode (iella ri- dicola pompi! . 'con cui si 'di è principio alia cerimonià.'Solénno j la quale non in compita, sqIo perché 1’ elefante,'; su cui Bapaballo era stato posto, ^ sedere por essere condotto m li^ónfq, mostrando maggior senno die' gli uo- mini^ >Hon volle mai passar oltre al ' Ponte Sr^ Angelo (Vita Leon.'X j p. ,97 , eo. )■ E qùi pójc'liè abbiamo parlato degl dqpvovyisatori che al* tempo 'di Leon X ebbero Vnlaggior /amarci sia jeeito l1 aggiognerne alcuni • altri clic no se- guftòn’gli.esenipi. Io non trovo menzione d1 altri chò verseggiassero improvvisan#nte in Ialino. Ma la jpoe'sia- italiana he ebbè' non pochi. Già abliwwn vcddto clic, fu ghesto imo .de’ pregi dg):oelebre Luigi Abimaom | abbiano pui)8 fatta altróve .irienzione ili (/iadilialista Stròzzi , Péro f c|> Iticcolò FYanciotti 0 di' Ces?irc Fano ' (par. +i y. p.: 31 3 )'. Il Casio rammenta * eoa lode Filippo Lapacino piovano in Toscana con questi- versi? ’ • • ,
< 1 * « I * * / / • • * V . • • . . ' ‘
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, TERZO . 2Co5
// Piovan- Lapazio. Poqta Tosco Fisse’ r morì ri Ala Città iti Manto . . \ ■■ j,-,'
Ebbe del Sre alV improvvido' il Danto., '■ ‘ * 1
. • . Scrisse ,■ ma ii<?n Cosici imst; alla, meta. *• •
. ’ 1 ' ■ ' . EpOafr; P. S* .
Uil certo Aurelio ascolano viene dal 'Cefi ini lodato «gM pure cólpe utipfovtfisàtofe' valóròVdi ( Sua Vitax p. 3f>). Bartolofnnieò^Carosi , 'detto Brandan^, . sanese di patina , 'prima uomo di dissoluti cqs^nni/ .poi. "pendente, > ed' esempio di austerità e di fervore, più pcr traspoito di zelo gfeé jW -amòr d| poesia , pàrLaj'a spesso all,’ improvviso-, ili i versi toscani,’ di'tene si pos- >• som ‘vedere pjiù distìnti notizie ' presso il’ Gre- scimbeniV( Coninicnt. dèlia voìg. p. it)5 ),; e nella stessa maniera raccontasi sche- ciò facesse S> Filippi Neri. £)i due imprpvvi- satoriiNverone'si Antonio Gèliìài e Adriano Grand» fa (nenzìone il inarebesé Ma (Tei "{Jfèr: illustr. par. 3 , p.’.4otì, ec. ). Tre donne aVicorà ap- nbvefa il Quadrio celebri per cotgj ; lode ‘ \ t. li. p. 27, ad )-, -Cecilu» -Micheli m veneziana , Bj’qgrié di Luigi Njdrcélloj. e due natie di Carréggio,,', cioè. Barbara di Correggio, .figlia jdól Celebre Niccolò d& noi nominato- altrove ,,^é monaci nel mopastero di*S.' Àutoqio, della stèssa citili, e G io vapftà dè’- fatiti , moglie di Alberto Conti genliluom -Bolognese. Di ameiuluó- queste poe- tesse ra'gjona più A dun^o-il sTg^.l Glròlarno Col-, leoni ( SvritL di Gerrcgi p. r8 , 4,p,)f il1 qnal però non -crede abbastanza provalo che la • seconda di- esse ^ della quale bella libreria
de’ Minori osservanti di leggio si conserva il
■ - , . "iJ*. r • •; • >
I
LIBRO
mi , clòpa àitri, scrittóri ha. con’ mólta esat- ezza $ttetòsil^o.TVl^u^M- {•Sfrift: Uni. I i, par. d- p, 856); il qual pero; non ha osservati alcuni^ pass, delle * LeUWe^K ^artp- l^imeò Hicci cfje deT'primk anni tfcli-Anto- rfiano e del . ranTtalento tTinlptavvitofe , di cui era' fornico , ci dantlo. bello o interessanti notizie. Ei naóqud a’ ^ i di dioehib’re del rS-jo j; «i/>nra’ faniÌT>lla orieinaiìa eh t»a-
LU1U ut» ifi t-t. “• /
vanni ' Leone modenese', di c.m --
pòco. Il -Cardinal. Ottone Trucses, a cui il gio- • vSiettb -‘SlV^lo* iù' fatiti conóscere, sei prese U casa; > agió1 di ' attendere studiosa-
tnentp alle lingue 'latina , greca è^italiqHaj e di
«.•V* ’j/, ^ '■ ’*A •• v. ’ ’V .V ' *
\à) Di Barbara da Correggio e di. ‘Giovanna Santi bo parlato più a lungo' netta (Biblioteca, modenese \ t. a.
trovato étlpun fotidamcMy' a confermare ta • gloria tUe loro dà il Qùadnù di ^óetefje itoprQVTisafrici.
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TERZO v • 2OO7
perfezionare S ia jnagaurrtrentè d«sVo' singolare talento, di cui diede. pnlóy>princlpatirie^ite in un solenne banchetto^, nel quale, improvvisan- do , predisse al Cardinal Giuunangelo de’ Me- dici, ivi presente», il supremo* onore del pon-r ti fica lo/ Eccole.- Il , duca' di >F errare, aitato ‘a Roma -ilei <555, < per . congratularsi còl 'riùtfyd pontefice MarcèHo B,‘ e u^ita.improyVisar l’-An- toniano, rto.Xu preso' pei» modo , ‘ cjie seco il condùss'e^/vFèrrtirà , e " 1’ ébbk .sènipce caris- simo. Il- co' Mazzucóhelli mi^bve ■ difficoltà a cjueH’ epoca. / fondato su' jina ' lettera che'Au- nibal.'Gtffló gb> scrive a Ferr^t^.nel z 55 1 ( >Carp , Ze«ece.,ti, .a, -lett.' chi può Credere 'che
in età^di stili ondici ’ aimr$ quanti àllor cfMita- vane l’Antonianò/ fosse egli, avanzato nello'stu- dm^dellfe .r|j$djigliè , ■ come quella, lettera il'SUp*. pone ? .lo jcrédp dudqqe che .debfeà.ìvi legarsi T-auno *555 ^ in. cui di latti è- segnata un’.altra lettèra’.à. lui .del Caro di somigliante argomento - ( iVt , MtL> 49-H / ecUA ancor . cosa divgran -ma- ' raviglia cliè'4«-'vetà ,5i .quindici "anjir fosse egli cotanti inól^ratò ip tali stndh' In jìeiTara gi ''si feée scolaro $ìel' celebre Vinaenzo* Maggi,' è' si strinse in amicizia /«co’ più dotti uomini, che ivi èrano’, e singolarmente còl Ricci chè in molte su^ lettere non sa finir dlJodarlo ,1 ÌUeciì °P ^> $ i§‘> -357 , 385 / pc.)y q molte
ne scrive a Irti stès?o’ pierte di'teocrefczk é- di affetto (ib. a p.'rfó àdtp.>i$5 ). tn .Qua. .di esse oon. lui si . rallegra' tJSjU’ .annua pensióne cjie il duca gli avè^ ^assegnata, -è della cattedra1 straòi'diiiaria idi beje lèttpré che gb era sl^ta destinata , il che, secóndo il Borsétti’ ( Hist.
. * V * r
-2008 fcURO
Gjmn. s Fèrr. p, 181), ay venne nel 155;, Quando TAntohìàno> noti, coniavi- che (Scias- se tf e /^rini di età ; -nel qual tempo ‘egli recitò alcufte -dellé. -ym ora7.Ì0iri< ohé unitamente, fu- ròno-poscia stamp'ate ilei - iGr.Q- ,D alpine di esse fa menzione panche il Elicci nelle Lettere sopraccitate.-. Ma ?{*li si ócèupà sipgojàrmerite 'In lodarne jl talento -d’ improvvisare -: Sptis tir ffi.j , /gli -scrive '«$'•(/. </>. p. ì.b), .>«• perque'^sSe pptuit, quoti sumrnus :Poetirvatus Jkssesj-]tfUi',ciùh' fferqum res ' ptacckire gestas èp versa cdnòrcs ■( ne quid jnwic dìoam daùs, ' : quosdtatica Mugliarle guaine re, quae tibi proposito sia,, ex tempore yàippptHas J:aci{) ut tuisipfus, ut gererentùr. aate 'o^'iilos- pro- pone re- vide a,ni s , tpjnn ’etiani capisti uè g uve- nmorcs varie depkires ,- fregne in Sacrisi) ncu). pari dignitqle , non ludasynisi \dhsram ettitin'’ iaudein, qufte eqr1 Oratofio dibendi ff- ' intere coquiarafur, tibi tifin felicitar ■ yindjcares. ■Ma beflo*è ,il gasso, singjjannl^nte in cui de- ~scnvte id-qpal modp ejGflfpttio' leggiadranuiik’ improvvisasse lf Antpvùaftd’hcKdi dd sqlstizio ‘estiycj,. in citi il J^ticci avé'a rvi *vifta. Irjdjandito ibartjoliffto £ sqòi'--aTuici' j ■ Sjtvius posi pran- di/wi, scrive gr' Giàmbatista Pigna (ih. p. ■aÀ^prtÌ/n'icfctnlt*prinmntt-'l^ 'se del amicizia tUcturtaq non pancjonbtts. òtrsibus propostiti óòqvcrìitÌQatittim tri .rHèuifc'yilliC&rn ìyquent ab òptirna. agri colèndi l rafioUe *maxnnc coplnpn- davit. .Foibe meiis sitc/ùtriolirms spohsaè desi- derip^tractus , 'qtuie',eun\ non lodge ■'ad' sitavi villani •expeòmhàty nfibe% próperabaL Jfupis ile- ’siderii Sjrlvkìm ckviculùm iji .aurem ccrtiorem
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I
TERZO, , ' K^pOl)
'tft+fi’ci ùs , nq$ tù'qiuvii.prpuiplus sii " irj,
• hujìis disccsimrn vcf$us% s\u>Ss cónverlU , atque.
I (Viiafaritiiu ejits deisidcrifini Jfa cxp6.es s{t , ut
rilhil 'rheHus\<S\cs}ie' :indi a-- dire-,eh& dopo, al- i » quui .discorsi * c<? -quali , ■fu inl^nòt^o jL cantar
!di. Silvio r questa riprése .Jra de luànv la. cetra :• Seri, <5odtinua\*v rem. mirtini ./tinti. . Dum vanii Sjlvius, adyolai philtun$na qyiculft, . in pno- pinri nqilibuf. 'mia co kcpnskfit .coeprt ét ipsa i ilio sud vario- •■gititi ir è (ad- Ifrae- 'sonimi respon-
i dere , atque '-ita ? vàrie-) itaq/i^-artifioiosi^ } ut
i diceres • cani dedita .opera i/i cdrlamén cimi Sjl-
| vìo venisse.' AHÌhiaJtàrtil'ille,,.%atqii«. cùl eam
avicùlam aliquot peruis , ut \eeteros * ooin0s ,
I opti me cojupegU. Di questo suo: prègio ei ditale
i ' pr’uoyu' anche in*, Venezia in occasione xdè]la w
| ’ vrnuta q- quèlla - città di Bona. Vèinà di Polonia
I nel, i555 .nella .-qual • occasione", e »da . essa e da’ più ragguardevoli personaggi fri udito i pi’pv^isare >con sommo' vappluu;>o.: -In Firenze
j ancora , ove egli,’ recossi col, prinsipe .ereditaria
I Alfonso ascoltato eoa maraviglia, '•pipili*
l . .vedere, il magnifico elogio ciré nè' l?sfc\q scritto il Varchi .(£rpajfln&, p: 35g,); e che è rifr'ntq anche 'dal Co. .MazfcupcbelliVPio, I\t A appena 'filetto • pontefici , . fthiamollo tosto , a .fcoina., e •il .diè per tapiro efsggretàrio delle lél^e6*1a- . tuie al giovane caldina] Borromeo suq- nipote.
• Degl’ impiaghi che poi.gfi fiiroiiQiaon'fidati-, dègli * studi sacri V quali inJterahiente jilvqlsfe, (#ellè fatiche; da lui intraprese a - ben d^J3 iC-liies^ , tl(;He.,singolan virtù delle ^ju ali; sempre mostrossi . adorno, delle digiti tà afie rqùali, ni sqlfcv'ato ,
. "fe ^lla porpora a lui conferita" nell’ anno ioqfii
*
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2010 < IIBRO
da tìfpoeute Vili, ragionano a lungo, il .conte Mazzuccjbélli e gli .altri scrittori da lai citati, e io rimetto .perciò, ad essi i miei lettori. Mori in Roma in età di • sessantatfè aà^i nel i6o3. Il co. Mazzucclielli ci ha dàJtà iip gsatto cata- logo di tutto ciòcche Ai 'lyi.sk ba.alle stampe^ e deesi solo aggiugnere' -una letlega . latina a’ senatori Leopardo Donato * e Lorenzo Priuli , e ^lcgni versi- latini .ejuùjìi ffèscó -pub-
' . bUcati' il eli. sig. D. Jacopo Morelli ( Coaices mss. Bill 'Nani. p. .188, ioi ). MaUda .questa non àpirtrl^ .digressione rimettiamoci -^òinai in sentiero , tornando pila serigi de1 poeti de* quali ci ha -lasciata :raempria .JVArsilli. xu XII. Un grande elogio fa égli di quel Giano Fwdtriii. o Giovanni UorjCio , a cui onorè lu pubblicata • * la più volte piènto^ata Raccolta , dptta perciò Conciaria. . egli: èra tedesco , e ciò- qhe di liti . dpvpa dirsi , ài -è già da noi dettò ad . t^lfa occasione < (Z. i Aurelio Chiarelli Lupi
da Spoieti e. Pietro Pazzi, fiorentino -spn poscia da In* non Brevemente encomiati. Ma di niun ' ^i essi io ho più . qistinte ^nòlizi^ , bè. so che cosa alcuna ne abbia veduta la luce. Più degno di tali elogi fu Onorato Fascitelli monaco ,ca- sinpse', .die di fatto viene qui,«;esaltato con sómme lodi,. Le, Poesie latine di' questo illustre monaco , che per- eleganza possono annoverarsi tra le migliori dR questo secolo , sono state pubblicate à £>iè dell’edizion Cominiaua di quelle del Saniiazzarò ; e innanzi .ad esse -si-arrecano le tèstinaqnisnze di mólti- frittoti intorno -alla vita o^àile opere, del medesimo» a^e quali si possono, aggiughere quelle che ce. ne atgpno
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\ TUX0- ‘ >. 301 I
gli scrittori Jelle Biblioteche napoletane e ca-’’ sinesi. Upa più ampia edizione , e accresciuta di più cose inedito, dèlie Poesié-'e insieme delle Lettere dpi -FascitelU, ci ha data in Na-
Soli nell1 anno 177^ il. eh. sig. Giapvincenzo feola, che Vi ha premessa' •un’ esatta .ed. pie- garne Tita del loto/ autore *1 (ab Égli" era natÓ. di nObil famiglia' in Isernia nel regna di Na- poli .Uéj i5o2 , e dopo avere studiato per dué anni in Napoli sotto Pompotìio'vGaùrico , era “ entrato nell’Ordine di $.- Beitédetlo in età 'di diciassette anni. sSembra cl(e da principiò ei fosse poco^p'ago del frutto che da’ suoi studi traeva, perciocché in dna sua lettera d Pietro Aretino 'scritta a’ lo -'di' maggio del i536 da Monte Cavallo , dici jthe • invece ■> di venire à Venezia -(ove era 3tato pprv-.q»alche anno),. gli è 'necessario *P andare jp Milahjp- per Jjprftar. la sua sorte,' e'.lgli chiede- una lèttera di racco- mandazione pel si^. Massimiliano Stampa .( Lelr tere all1 AreiJ k 1 , p. 3o3b ‘-Dopo, aver sog- giornato, qualche.- tempo in Roma e. in di V’erse^ altre città d’Italia, ove rendettesi caro a (.ulti gli uomini dotti , ebhV la* softe dà piàcere al "» pontefice- Giulio III, da cni fu destinalo dap- prima'maestro del giovine Cardinal' I^nopenzO' dal Monte- da luì -adottato’ in -nipote , e poscia a 'non molto fu • folto vescovo della chies# deP-' ^ l’ Isola /’col'qnal carattere intervenne ak concilio
** -> • aò '“**% '•
{a) Alcune «lire latine , poesie dql Fiascitelji sono siijte
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aotìi ' xiBtto ~ . , ;
di/Trentó. Rinunciata, meli la' clnesa ,» nel cui governo avea provate contraddizioni- ed m- . -giurie clic non avrebbe mai dovuto a.spettarsi. ritirossi' ^ vivere in Roma, dve;in<m nel inalzo dell’ anno 1 564- Io ìion so chi sia quel liartn lommep Dapniy o Dafni da Jesi, clic dopo il Fascitelii si celebra dall’ Arsili!. Più noto è Batista Sanga romano , segretario prima di V Gramrrratteo Giberti , poscia dèi pontefice Cle- mente VII, lodato . molto dagli scrittori di fftie’ tempi , e morto -.infelicemente di 'veleno in età gioitaìiile , come si narra dèi Muzio in una lettera riportata dal eli. mousignor lìuonamici (De eh Póntif. Eph^Seript j p. a a/f eó. ed. 1-7 Fa poscia f Assilli, tin magnifico elogio di Fran- cesi^ Maria. Molza ,” il quale di- fatto m>Ha la- . tina ugualmente che ncll italiana .poesia è fol- tissimo -èd elegantissimo .scrittore.' Uiv certo poeta Alessandrino ipiitator di.Kiutnllo ? ‘ (lue . fratelli iCente)K , Cerone Francesco./! siciliani, ,de| secondo’ de' quali ragiona anche il canonico Mungitore- (Bib. sicuta, t, t, p,Mi) '( a y, Giam- batista Madalioi t'o’Scano Girolamo Angeri^no hàpoletatìb," rammentato . ancora* dal do: Maz- zncchelli . ( Seriit.-ital. t. 1 ,, par. ,3 , • p. .073 ) , Albineo da Parma e un ''certo' Cléliò^ dall’ Ar- zilli posti nel numero de’ vigorosi poeti , non bando Òra-'tal nofne che, .richigggJ dai \noi, più distinta menzione.' Ben ella è dovtìta a tre altri
i’Jjt 1 * *» t •*'** t * J ' * '* '
•%ì'jT§ ppemfr di .Frqqcesco Cestelli Dé cultirmrllis ttrtphluipi , et, saccn^rarupi ± ipis. e. diviso in <}ue libri e ^di^to a Clementd VIF^ hà trovato abate Ma- rini ?»efhi) libreVia Albani ( Degli ylrì'hjcan pontif. c. 1.
P- 3Hk).- - " ' * •* . - 17~S. ■ r
. . •• ' .
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TBflZÒ ,201 3
i poeti 'ch’ ei poscia soggiugne, cioè ad Agostino i BeazV^ano / a •Benedetto' Làmpfidio e -a Basilio
I /anelli. ( ■ f» ■*".» \*K.
| Xnf- -JJpL prinjrt molte notizie ci’ Somministra il ca MazfeficcUelli \ivi, t. par. a, p. 5?«(), a etti parò alcune -cose si debbono agginguere. I£g1i era nata. iir Trevigi , e di' famiglia oriunda i da Venezia-, e perciò soleva. tigli; dirsi véne-
i ziano ( J lembo , Leti, famiglot, i, /. •>.. 0/>. t. 3,
p. io). (Venute in età giovanile a Roma j/'do- I vctUb principalmente .al Bembo la $art'^ ili, es- I sere conosciuto e stimato <daJjéQnX {'fa»,' -£*af l fiay p. , ioS)i,.lda^cui fa >fatto .ptìo-i fantfgHàfè. l Così lo nòmina il. Rembo in una lettera scritta i nei-J$i5 a nome ;dLquc1 pòntefifce a , Leonardo | Lóredanp doge di- Venezia y in ‘cui il prega, a i mandarci le artiglierìe, per afuiar^ le sue navi: l Ea de re Augustìnurn •. Ecatumum familiarem | " t/ieiwi, et Cit>ct)i. tuj/rh prohwn ij/.atm s'inìni,
I et iti genio doctÀHheju&pra&tajitem ad te t /zitto, i qui tibl ntenttm incapi * latin v expUcdbit. Cui
I etiarn ntcindàvif , ut certos Gmeebrum ^ Ubros ,
quibus egeo Ctnctiis pqrquimrot ( Bemh- .Epist. Leon. X "noni. I. 1 o, ep. /(!>). Quindi ancona Leone gli fa .liberale di alcuni beneficò, a’ -cfuali allu- dendo il Berillio in una sua lettera al Loirpfo^io nel.i52t: Tebalddeiis .,‘;gli (Jlce ‘(Epis(.\ fornii. I? £ , ep. ‘ryty et Bealiamis etianf fortunis oucti ’ tfb' hildrUis salateci adscribunt ; e- in , un’.;dUa gw. I. 6, ep, 1 43 ) nomina up bqyeficio • clié, il Beazzati.o Sivfed ulte’- .confidi di Àqrtiièiay e. prega il, segretario del re de’ Romàni a far di’efi sia /Coinj)èu.sato jtlb’ danni cb' eà$o dalle ràpùié,' di donni avéa sofferto. Dell’ amicizia che il Bembo
* • 1 ' * « ' . ‘
xiu.
Agostino
BrltMUO.
ebbe pel Beavano, e de’ diversi via™ cu ati fece' per ordine (hi nrimr. j °8'- ìue"
mispióni'.-ebe gli furb„0 affiS'^ V?F% Cm'
IfiSÈ EeSs*
versWt la/fihé dd !seentP ch> nascésse
m* ZffBS&Sg'SPSE di
Màrtor*!"^ 8o“° —
i» v Z
qualche impiegò.', nella miliSa^ ^ 0
- ■^w y*
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, -T^KJSO JO/5
1 •XTVV. Più"' a' lungo" mi tratterrò io nel ragionar \iv.
! 'del secondo d-e' mentovati- • poeti 3 ci,oè 'di Be- Umpndm!0
• nedetto Lampridro di patrnvcremòncse, porche i poco è.xiò' clié,di Ini civlia detto i' Arisi ( Cremori.
• lillcr. t. a , p. cp) , etleglr ha troppo ■ diritto
• di rimanere iiiunrirtale ne1 f<jsti tlella nostra let- i teralma. fci dovette nascere verso- da -fide' del
I secolo precedente r eio età ìmfcor giovanile r^-,
1 carsi a Róma, ove la prima stanza ch’egli eb- i bey Tu della casa di Paòja Cortesi,, di cui ab-
i biqrn^ a lungo parlato .altrove ( t. 6 , par. i;). i Ccisì afferma lo ^stesso Paolo : iMmprithus Cre- ■ moriensis GramtntiticUs liospes famHiae,Aqstrqe i (De' Cardinal, p. 'o./\ a ). Passò egli quindi nel i collegio, dt? Greor,’ -istituito- a’ tempi didGepn & i da Giovanni Caseari , e dotto, com’ egli' era ,
I nell’ ulta e uell^ltra Miqgua/ giovò uòh poca al- ’ l T istmzion di que’ giovani IrJovtiuS Elogtrp.: i Morto nel rSai il Addetto pontefice , il Lam- I pridio passò a PàdòVd , -ocè-si -trattenne' più - i anni/,, non già /insegnando pubblicamente , pia i temendo scuota prtvàlay/bon» guadagno, più che I '"con 'gloria j dice il Gidvip, il quale attribuisce, i ad orgoglio def Lampridio di non avér mài;vó- , luto salire sullà cattedra per non venir con altri 1 al confronto' Ma in ciò sembra che il-Gìovio si lanciasse trasportare da un -botai suo genio di ubir la^sàtira alf -elogiò-, elie in quell’ op^ra spesso si- scorge. Pordiocchè è eelto che il Lana- ’ pridio fu in iMdovà ì-appVàodito e stimato,' e che , bentdiè non fos^e pubblico prpfgsSoréy recò nondimeno giovamento -ctl -onore a quel la- università :// nostro M. Lampridio.,- scrive il Bembó-da Padova nel i53o {Lettere, l. a, /. »o,
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„ , -Syp. iM); sta imo #*1* <*?*
jL&Àlàuestà tittà e di
scrìgeiidù ' a<t AomO ^aleatHO ,
dìus, egli dito ( Pfykàfii'-Bjfist l. r*>);
et convieni delectoYr qui cn Ltdtf^inrre
illa ■ sua bst jntuudissimus , timi pie tate i^cre
dibili in- àrnicos. Nidlur est dies ,j]u>n de te fhaiat mcnìionem plenìssimam -desidera. Paridi Oi.-Ua'j Vìwlnrthim t nòlo omrua ! curri veruòris ,
suà cas*a * D<* Lampridìo. nostro putti te apdir
ùLZx.diii,- »^^^t’X,CUSr^Z
Sibus. .Dmastlmis.VMiohts j>o Wj^cmL %bat-mbn o bmes illà*. SMm* 1<‘°‘ . 'f fioniinnt j ipsum vero D&nosihdnem eo gestu, eTvultu , et- vocis cohfónncàìoii£ , . uehemenlem,
:rlmùm spfritus , plenum tem< ut fieri nihil posset puUnus. Quam sei-
lem, nobiscian , .fri Ma^ /u^P Sv,o e^ tè omfi'em istaru" Urbis Uireni gtfaam cura.
tumculà non JidssO collaturum <« - e* ty) son (e *sptosjs*om*A»ri .
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TERZO 30 17.
| p\ i \ , 1 5 , j (k 17 , ec. ; . i?ow. ). 11 duca di | Mairtova. Federigo Gonzaga , a .cui pervenne-, la , fama del -molto saper del Lampridio , volle: averlo j in Manto.Va per maestro del giovane principe | Francesco- suo figliole per mezzo di Ifc Gre-.
I gorio Cortese 'mònaco benedettino-, poi cardi- l naie , ^ottenne al principio dell’anno 1 536 : Aon Ulcerò ., scrive Io stesso Cortese al Cardinal Con- - , tai Lui agli 8 di marzo del detto anno ( Córte*.
, Op. t. 1 , p. it>4 , ec. ), come ì. giorni passati.
( cssc/uIq in Mantova fui pregato da qucHJllu- strissirna. Migliore di fare che AI. Lampridio an- | ddsse a stare con lui ad . effetto , die .il suo ( unico figliuolo avesse, la creanza sottp esso, ed 1 , anco desiderando il prefato Signore avere una I compagnia , )con la (fuale alle volte potesse eser- ( citarsi . in ragionamenti virtuosi £ e posi concliisa . la cosa M. Lampridio se iie andatobon ppòv~ ■ visione di trecento ducati , e le stanze j e le I spesai. pèrjre.fqcdi^yc spero debbia essere. d'u- tilità e. a (faci. Signore , e anche a: tutto quel' ’
( Stato. .HÌ0he, ho Scrìtto a I\ ' f. Illustrissima I e -Rover endìssiqiaij perche so , che lo illu^tris- stipo e Reverendissimo Cardinale di Qfaiitpvjt altre yoltc cèreo, di- averlo a’ suoi servigi; per- • • che esso conclude , 'che la servitù sua j fosse de- stinata a quella Illustrissima Casa, e persuadasi aL presente essere a servizi dell' tpu) e V' altro Principe. l)i'; questo passaggio del Lumpridio da Padova alla colle di Mantova'.- parjano ancora nelle lor lettere. BartòJojnineo i|{icei ( Op. p. 56< J)' e Cosimo 'Gben ,, 1 Rpist. ,'clv JLror. , ; Pellet i568, p. 56 )J il' fju'al dioe che Padova perdeva inditi uri grande, ornamento. -iìciicliù. in
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20 18
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TfcRZO ^ 2019
d’Arco il 3 f carni. 67) e da pii altri II Gio- ■vio però lo riprende, dicendo .'che per imitar Pindaro ei divenne gonfio è duro , e poco gra- dito aflè orecchie avvezze alla dolcezza della latina poesia. £ certo il Lampridio in essa in? trodusse certa, sorte di metri che non le sera- • bran troppo adattati. Ma non può negarsi che nella nobiltà de’ pensieri e ne1 voli dell’ imma- ginazione ei non sia felice imitatore di Pindaro, e che a queste doti non, congìunga comune- mente molla eleganza y degno anche- perciò di lode , perchè fu egli il primo tra’, moderni poeti a prefiggersi, l’ imitazione dì sì diffidi modello.
Se ne hanno inoltre tre lettere italiane tra quello scritte al caVdin,al Bembp, e una latina -al Car- dinal Polo in congratulazione della porpora con- feritagli (Gard. Poli Epist dee. 2, p. 1 3 ).*
■XV.. Del terzo de’ tre nominati poeti , cioè B xv. di Basilio Zanchi, ha scritta sì esattamente la eh?" " Vita il eh. signor abate Serassi (cinte Zanchii Poern.-ecL Bergom. 1747), che appena pos- siamo sperare di diri\e. cosa non detta. Eu fu fratello di quel Giangrisostomd di cui tra’ teo- logi si è favellato, e nacque in Bergamo circa il i5oi, ed ebbe al battesimo il nome di Pie- tro. Fu scolaro- di Giovita Rapicio, che ivi al- lora teneva scuola, e con tal ardore si applicò allo studio , die in età di soli diciassette anni potè scrivere la sua Raccolta di Epitteti poe- tici, die fu poscia stampata nel i542-~- Il Slio naturai talento per la ' poesia il trasse in età ancor giovanile a Roma, che era allora il cen- tro comun de’ poeti, e tal nome vi ottenne, ciré meritò", benché in età di soli ventanni, Tibaboschi, Voi XIII. 4
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aoao libro
di esser dall’ Arsilli lodato con ampio e magni- fico elogio. All’usanza degli altri accademici prese ii nome di L. Petreio Zancheo. Ma il cam- ino presto- di nuovo, perciocché, tornato dopo la morte di :Leon X a Bergamo , ivi nel 1 5a4 entrò tra’ Canonici regolari lateranensi , e prese il nome di Basilio. Applicossi allora principal- mente agli studi sacri , , e fruito nc furono, al- cune opere sulla sacra Scrittura , che ne ab- biamo alle stampe. Io non seguirò il Zanclii nel frequente cambiar di stanza eh’ ei . fece , soggiornando ora in Ravenna, ora dn. Bologna, ora in Padova, v ora in Bergamo (ove istruì nelle lettere greche e latine Giampietro Maflei suo nipote, poi gesuiia, .e scrittoi' rinomato perla sua tersa latinità) ora in Roma. Ma qualunque fosse il soggiorno del Zanchi , ei lasciava in Ogni luogo belle riprqove del vivo suo ingegno e del suo indefesso ardor nello studio, e quindi ancor ne, venne lo stringersi in amicizia co’ più dotti uomini di quell’età, tra’ quali e ’l Zanchi passò sempre un’ amichevole 'corrispondenza. Il sìg. abate Serassi, seguendo 1’ autorità -(M Ghilini , dice eh’ ei fu , custode della biblioteca Vaticàna , e che fu successore di Faasto Sabeo morto nei i55q. Ma oltre che noi vedremo ch’e- gli era morto fin d.d 1 558 , nell’esatto Catalogo de’ Custodi di detta Bibliòteca , tessuto dagli Assemanni , il Zanchi non è nominato-, e al SabeO si dà per successore Federigo Rinaldi ( Calai. Coild. mss. Vatic. t. i , praef, p. 69 ì Benché gli altri scrittori nulla ci dicano di qualche avversa vicenda che gli affrettasse b morte, una lettera però di Paolo. Manuzio ci
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TERZO .3031
mostra che il Zanchi era degno di più felice dentino : Basila Zanchiì , scrive .egli a Lorenzo Qambara ( l. 4, ep. 28 ) , Poetae sommi , homi-* nisque non bulgari ter eruditi miserabili et indi- gnissimtis interitus hildritatem mihi prorsus om- nem efipuit. Quem-enim donare summis praemiis ob cxcellejitem virtufem , decorare lionoribus ob singttlarem ìntegritatem àtqu$ irtnocentiapi aequiìm flit , eum tam ignominiose yexatum , tam acerbe, tam crudeliter extinctum , quis non firat iniquissime? Equidem, ut audivi, edam do- lore tuo vehementer dólco ; nani et vixistis uria semper cpnjunctìstime alter alteri egregie ehà- h rus,' et Jidt utcrq'ue vestrurn . ad poeticam fa- cultatem natura propehsus , ac bure fàctus , ht cum tiemo tam bonus poeta sit , quin vóhis primas in componendis versibus partes tribuat, quarn conjessionem edam ab invitis expriniit Poematùm conipàratio , iiter tamen utri pme- stet , nondum satis judicare quisquam positi. Il sig. abate' Serassi non ci dà fcu un tal punto più distinte notizie, e si riserba 'ad esaminarlo nell’ opera degli Scrittori bergamaschi eh' égli ci fa sperare , e che io desidero vivamente che ad onore della comun nostra patria egli dia in luce. Io avvertirò frattanto che le soprarecate oscure espressioni vengono rischiarate da pila' lettera di Latinb Latini , scritta à’ 7 di gennaio del j 559 , e recata dal P. Lagomarsini ( in 'Noi. ad Ep. Pogiani, t. 1, ep. i5 ): Zanchius noster in apostaturum tempestate gravi carceris do- lore confectus jampridem obiti. Gonvien qui ri- cordare ciò che abbiamo accennato parlando di Ottavio Pantagato , cioè che. il severo pontefice
aoaa ubno
Paolo IV nel i55fl pubblicò una' legge, con Lui sotto pena della carceré, e ancora della galea , si ordinava a tutti i religiosi che viveano faori del loro chiostro, di fare ad esso ritor- nò. Fa d’uopo dunque dira che il Zanchi fosse tra ‘essi , che indugiando ad ubbidire - agli or- dini del ponteGce, fosse per comando di ésso 'qhiuéo in prigione, e che ivi morisse. La data di "questa lettera e la voce jampridem dal La- tini usata ci mostrano che il Zanchi era morto drca gli ultimi mesi del 1 558 , e che mal fi- nora ne è stata- fissata la morte à’ 3i di gen- naio del 1 56ò. L’ abate Sèra&si ha studiosamente raccolti gli elogi che' molti scrittori ne han fatto ; e si pospone ad essi aggiugner due let- tere di Bartolotnmeo Ricci, una al medesimo Zanchi^ l’ altra, aid Agostino Mosti { Op. t. a, nelle quali delle poesie di esso ragiona con somma lode. 'Ed esse di fatto son tali, che; fra la numerosissima serie de’ poeti latini di questo secolo , il Zanchi’ ha pochi uguali nella dolcezza,^ nell’eleganza pochissimi •superiori, e ciò in qualunque genere di poe- sia , poiché quasi di ogni sorta ce ne offrono gli otto, libri che ne abbiamo. Fra essi è un poema sacro, intitolato De Hortó Sophiae , in cui racchiude i dogmi e i fatti più illustri della cattolica Religione, tanto più degno’ di lode quanto più è malagevole lo scrivere di argo- mento che .dagli antichi scrittori non- si potò maneggiare. Oltre queste poesie, e le altre «opere che già sono stale accentiate, abbiamo del Zan chi una specie di lessico latino; intitolato La tinorum verborum ex variis auctoribus Epitomo
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terzo aoa3
Due altri indici , uno delle voci di ^ucrezio j l’altro di quelle, eli Catullo e di -qualche .altro poeta si conservano rass. nella Vaticana. Avea ancora intrapresa un’opera degli Epiteti greci, somigliante a quella che già pubblicata avea de’ latini ), ma la morte non gli permise il com- pirla. ' . ■ - • .'*
XVI. ^Noi siamo ornai alla fine della lunga serie de’ poeti dall’Arsilli . tessuta. sGli altri che leric de’ pw- ci ‘restano a nominare, sono Gianfrancesco;^!!?^,"*," Bini, di cui abbiamo detto tra’ poeti italiani , Tranquillo Molossi cremo'nese , Bartolommeo Crotti reggiano ^di cui parla più 9 lungo ih ‘Guasco, che ne ha pubblicalo, ancora un so- netto ( Stpr. letber. ai Reggio, p., 47 ) (a) j Ba- tista d’Atnelja e Pietro Corsi poeti poco or co- nosciuti , dell’ ultimo de’ quali si hanno alcuni versi nella -Coriciana. Del Molossi si ha stam-* pato imLione qel i539 'un poemetto intitolato Monomachia , che si vede citato nel Catalogo della, Biblioteca del re di Francia. Ma oltre ciò, il sig. don Clemente Molossi di Casalmagglorq possiede un. codice di molte altre Poesie la- tine di Tranquillo, e diversi. documenti intorno al - medesimo de’ quali si è giovato nel tes- serne eruditamene la Vita, pubblicata di fre- sco , il P. Ireneo Affò. Egli ebbe nome Bab dassarre , e per vezzo poetico prese quel di Tranquillo. Nacque d.a Giovannino Molossi in Cnsalmaggiore nel 14G6. Fu scolaro in Cremona di Niccolò Lùearo; e nel 1 493 era al servigio *
. ‘ t . . 1
(a) Del Crottf I10 date più copiose notizie nella Bi- blioteca modenese (/. a, p ■. 197). ,
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aoa4 libìso
del patriarca d’Aquileia. Eutrò poscia in grazia del Cardinal Farnese die fu poi Paolo III, fu maestro in , Roma di Pier Luigi di lui figlio, e indi del nipote Alessandro , e al primo de suoi discepoli dovette 1’ andare esente dalle comuni sventure dol sacco di Roma pel 1527. Dopo esso , tornò alla patria , e vi morì a’ 3o di aprile dell’ anno seguente. A questi poeti deb- bonsi aggiugnere alcuni altri , di cui l’Arsilli avea ' fatto elogio, quando scrisse dapprima questo suo componimento, e che leggonsi nel- t originale inedito da me accennato, e furon
floscia da .lui ommessi nella edizione fattane , orse perchè erano allora già morti. Ivi dun- * que si nomina un Bonino de’ Negri medico mi- lanese, a cui f Arzilli cón leggier cambiamento sostituì quell’Agatino da noi già nominato, se .pur questo non è soprannome dello stesso Bo- nino. Ivi ancòr fa menzione di Ulisse da l’ano , di Marcantonio Colonna valoroso condottier d’ armi e coltivatore iusiem delle Muse, ucciso sotto Milano aie! 1 5 32, di Francesco Calvi lor- dato qui dalFArsilli come diligentissimo racco- glitore di libri , e che debb’' essere quello stesso jii cui abbiam fatta altrove menzione ( par. i ) r e che forse fu ommesso nella edizione, per- chè ei lasciossi sedurre da’ Novatori, come si è detto; di Pietro Delio, di Gianfrancesco Fi- lomuso da Pesaro, lodato molto in una sua let- tera dal Bembo, che nel i5ot) .proposto avealo a’ Veronesi per maestro della lor gioventù (Epiit. farmi. I. 4 f cp- 12 ) (a), e di Cristoforo Batti
- t , , *
(a) Gianfrancesco Filomuso da Pesaro era della
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- ' TE'n*o, aoa5
parmigiano , di cui più ampie notizie ci som- ministra il conte Mazzucchelfi ( Scritt. iteli, t. a, p. 548 ). Or questa sì numerosa serie di .va-*
Jorosi poeti, eli’ erano allora in Roma, ci fa abbastanza comprendere quanto ivi fiorisse a’ 1 ,
tempi di Leon X la poesia latina. -Nè tutti però gli ha qui nominati l’Arsilli. Perciocché nella'
Eiù volte citata Raccolta Coriciana , in cui prù- abihnente non ebber parte che i. poeti che soggiornavano in Roma, sono circa i3o gli au- tori di tai poesie, e parecchi di essi non si veggono dall’ Arsili! indicati. Ma io non debbo in ciò traiteli, ermi più lungamente, e tempo è, ornai di uscire da Rohaa? e di ricercare i più chiari poeti sparsi nelle altre città d’ Italia. !
XVII. Un’ altra guida qui ci si offre a don- oui^hi durci, cioè Giglio Gregorio Giraldi- Due Dia-.]1*!
Ioghi scrisse egli sui più illustri poeti de’ tempi suoi: uno in Roma a’ tempi di Leon X, e ne’ cuni, ? m
, . t • f rui del Na-
^ • • vagero.
f «miglia Soperchi, Voinerda una lettera (li Antonio Bel- lone ad Aurelio di lui fratello ha raccolto 1’ eruditissimo s"q». abqjte Ongaro' nelle belle nolÌ7Ìe nulla Storia lette- raria del. Friuli da liii trasmessemi Egli, a |-ersuasioiy - del Sabcllno, era stato scélto a, maestro dalla città di Udine dopo la ,j (artenza dell'Amaseo nel 1489, c 'i stette fino verso In fine del 1.492. Fa'- ricondotto al co- minciar del secolo susseguente, ma poco tempo vi sì 1 trattenne , sì percl»è parvegli di non poter più sostener quella fatica sì perchè il duca d' Urbino sdegnato cnm tro di lui per l’ abbandonar elle àrea fatto i suoi Sta- ti , avcanc confiscati i beni; e benché gli Udinesi cer- cassero , ma inutilmente , di ,far rivocare quel decreto , e dessero si- Filomuso qualche compenso del danno perciò sofferto . dovette egli nondimeno credere miglior consiglio di far. ritorno alla patria, e il rientrare in possesso de’ suoi beni. '
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aoa6 timo
primi anni di quel magnifico pontificato; il se- condo in Ferrara nel tempo , delle mozze della principessa Anna figlia del duea Ercole II, cioè nei r548. In essi ei viene schierando innanzi l’ un dopo l’ altro i poeti migliori vissuti a que’ tempi, e di ciaschedun di e§si non fa sem* pRci elogi, come l’Arsi Hi , ma ne osserva e ne esamina , e per lo più con gttfsto ed esatto giudizio , i pregi non mcn che i difetti. JNoi possiarn dunque considerare questi - Dialoghi come una esatta storia della poesia e de’ poeti de’ primi cinquanta anni di questo secolo , e andremo perciàscorrendoli , passando sotto si- lenzio que’ de’ quali già ha fattoi menzione l’ Ar- zilli, nominando gli altri da quésto taciuti, e trattenendoci alquanto su quelli che ce Oe sem- breranno più degni. Comincia egli nel primo Diàlogo dall’ annoverare i poeti vissuti sulla line dei-secolo precedente , de1 quali noi abbiano già fatta a suo luogo menzione. Trav,essi però ne frammischia • alcuni che propriamente ; appar- tengono al secolo di cui schiviamo r« come Gian- francesco Pleò , di cui si è. parlato tra* filosofi, il Sànnazzaro mentovato da noi tra i poeti ita- liani , e di cui direm di nuovo tra poco , e Alessandro Guariniy fìgliuol di Batista il gio- vane , -professore di belle- letteté nell’ università di. Ferrara, e segretario -‘e consigliere ducale , di cui sì potranno leggere più copiose notizie presso il Borsetti ( Hist. Gjmn. Ferr, tu, p. 107, ec. ). che ne ha ancor pubblicate al- cune Poesie. Quindi entrando nel secolcr xvi , fa menzione del celebre cardinale Adriano,- di t:ui direm tra’ gramatici. Il primo eh1 egli ci
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Tlf.RZO '20 11
mette innanzi , e che debb’ essere onorato di piu distinta menzione, è Andrea Navagero (Dial. 1 De Poet: suor. temp. Oper. t. 2, p. 53- .)„ In- nanzi alia magnifica edizione delle opere di es- so, latta dal Cornino in Padova, se ne legge la Vita con molta eleganza descritta dal cele- bre Giannantonio Volpi , la quale fa che non ci sia necessario il raccoglierne altronde le più esatte notizie. Nàto in Venezia da Bernardo Navagero e da . Lucrezia Poiana nel i%83 ' c istruito rie’ buoni studi prim£, nella stessa sua patria da Marcantonio Sabellico , poscia in Pa- dova da Marco- Musuro e' da Pietro Pompo* nazzi , talmente si ascese nell’ amor (delle let- tere ; -che tutto ad esse ’si Volse , e ne Ifegc presso che 1’ ynica sua occupazione. Le Pre- lazioni ddl Vecchio-, Aldo premesse alle sue edi- zioni di>QuintilÌanor-di Virgilio, di Lucrezio, e da Andrea Asolano a quelle di Ovidio , di Orazio c di Terenzio] e quelle del medesimo N .vagero innanzi aHe Orazioni ,di Cicerone, ci fanno abbastanza conoscere quanto diligente •egli fosse nel consultare i migliori codici, e di quanto esatto- giqpizio nello sceglierne le più corrette lezioni] La fama di. eloquente ora- tore, cip egli avea ottenuta, fece che a lui fosse dato V incarico di recitare 1’ orazion fu- nebre ql generale Bartolommeo Alviano , al doga Leonardo Loredano e a Caterina Cornaro reina di Cipro. Quest’ ultima si è smarrita. Le prime due si hanno tra le Opere del Navagero; e LeocJiè non vi si vegga quella rapida e robu- sta eloquenza che si è poi ammirata in alcuni più moderni oratori , es$e nondimeno sono
2028 uijHor
scritte non solo con maggiore eleganza di quella che allora comunemente si usasse > ma ancora con più artificioso e meglio' ordinato discor- so j perciocché, come si è altrove osservato , le orazioni funebri altro allora non erano per
10 più, che un compendio della -vita del de- funto erpe. Dopo la .morte del Sabellico y ei Fu destinato ad aver cura della biblioteca del Car- dinal Bessàrione, e gli fu insiepie dato l-in- carico di scriver la Storia veneta: opera da lui cominciata, ma poi gittata alle fiamme, come ad altra occasione si è avvertito. Ei coltivò F amicizia de’ più dotti uòmini di quel '.tempo, e principalmente del Bembo, del Coutariui, del Fracastoro, di Giambatista Ramusio, di Rai- mondo e di Giambatista dalla' Torre, e fu da lutti, esaltato con somme lodi. Le loro testi- monianze si véggon raccolte innanzi, alla detta edizione ; c ad- esse possono ancora aggiugnersi alcune altre lettere di Bartolommeo Ricci ( Op. t. , a , p. 229) ad esso scritte , in- una delle quali loda la singoiar memoria del Navagecp, che udito un verso di Virgilio , ne continuava
11 seguito fino alla fine , del libro j una lettera al medesimo scritta da Lucilio Filalteo, in cui fa grandissimi elogi del grande ingegno e del- F infaticabile studio di Andrea ( Philalth. EpisL p. 84 ) , il passo in cui il Valeriano ne piange la morte (De Infette. Literat. I. 2, p. 5q ) ,, e un’ 'Egloga nella stessa occasione composta dal Zauchi (Carni, p. 128 , W. Bergom.). Da que- sta fu egli sorpreso in età di soli quarantasei anni , agli 8 dì maggio del i5a9, mentre era in Blois atnbasciadore della Repubblica alla
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N
* TERZO 203 g
corte di Francia. ?}on molte sonerie poesie la- tine die ee ne -sono rimaste. Ma lo scarso lor numero vieti compensato dalla loro ‘eleganza , e io non so se vi abbia altro poeta ili questi tempi che sì felicemente abbia imitata quella • grazia e quell’ amabile semplicità greca che è il vero e distintivo carattere del buon gusto.
E quanto fosse fino1 e perfetto .quello del Nar vagero, si scuopre ancora dal gitlare eh’ ei fece' al fuoco alcune sue Selve fiflte in età giovanile a imitazion di quelle di 'Stazio e da un so- migliante sagrificio che ogni anno ei solca fare a Vulcano ai qualche copia c(elle Poesie di Marziale, sacrifizio narralo dal Giovio scrittor di que’ tempi, e. die invano con frivoli argo- menti si è sforzato di oppugnare un moderno scrittore., a cui è sembrato .che fosse quello un gravissimo sacrilegio , che non potesse ca- liere in mente che al più; scelerato uomo del mondo. Abbiamo ancora alcune rime d,el Nar vagero, le quali, benché abbiano i loro pregi, non mi paiono nondimeno tali da stare al con- fronto colle latine. Delle belle ed erudite let- tere da lui Scritte ne’ suoi viaggi abbiamo fatta parola altrove; e di altre opere da lui o in- traprese, o composte, ma poi smarrite , si pos- so» veder le notizie presso il suddetto scrit- tore. . ■ ■ <
XVIII. Zcnobiò Acciainoli , di cui abbiam xviii. parlato tra’ coltivatori della lingua gréca, lo- ’fdli dato vien dal Giraci ( l. cit p. 538 ) come uomo che felice disposizione sortita avea dalla natura per poetare ; benché > poscia entrando nell’ Ordine de’ Predicatori^ volte le spalle a’
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Ìo3o LIBRO
profani «tildi, tutto. si applicasse a' sacri. Ma- gnifico è l’elogio che il Giraldi sQggiugne Ji Giovanni Gotta veronese, e per quanto sia ma- gnifico, esso non è punto esagerato: Joan- nem Cattaui juvcnern adolescens vidi multi, in- gerii . ac judlcii ultra quatti aetas sua ferebat. Nam hutnili loco natus in varias Itajiae par- tes peregre pro/èctus, tandem Liviano Veneto- rum Imperatori ad/iaesit , sed' capto Liviano a Galli s, illius mandato àd Julium Pont, profè- ctiis morbo intenti. Hic ergo in cursu juvenis cecidiL -Efus complures versiculos aliquahdo legi, quos et legisse javat, idemque, ut vos fa- ciatis identidem , monco. VUlebitis miram juve- nis indolem , cui $i fata longiorem vitam con- cessissent, inter bonarum littèraruoi . proceres haud immerito Cotta connume raretur ( ib. ). So- migliante elogio ne fanqo il Valeriano ( De In- foile, L/iter. I. i , p. 3(i ) , il quale aggiugne che non solo nella poesia, ma ancora nelle mate- matiche faceva iL Cotta -felici progressi , e il Gipvio ( Elog. p.. 34 ) , il qual dice eh’ egli avea tenuta per . qualche tempo scuola in Lodr,, e che morì in età di soli ventotto anni; e ram- menta alcune òpere da lui composte, e -infe- licemente perite. t)i lui ragiona ancora il mar- chese Malici ( Ver. illuslr. par. a , p. 401 ) > che giustamente riflette -che niun altro poeta con sì poche poesie giunse ad ottener sì gVan fama. E veramente quelle del Cotta } che dopò altre edizioni furono aggiunte ^Ifa bella edizioni Cominiana delle Opere del Fracastoro, son tali , che quanto maggiore è il piacere" che si sente leggendole, tanto maggiore è il dolore che si
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TEJUtO 2o3l
prtiova al vederti? sì scarso numero (*). Di Cesare Mero ferrarese, clic dal Giraldi è an- noverato .'tra gl’ illustri poeti nell’ una e nel- r altra lingua, e anche i tra’ valorosi oratori, e che fatto poi segretario di Alfonso I, morì in età immatura ( p. 35j) ) , ntìn so jche cosa al- cuna ci sia-rimasta. Minori sono le lodi ch’ éi dà a Giorgio Anseimo di patria parmigiano , di cui dice òhe scrive non senza erudizione ed ingegno, ma che ha uno stile arido e duro ( ib. ). Di quésto autore e delle Poesie e di al- tre opere clie ne sono a luce, parla’ coti molta esattézza il conte Matzucchélli ( Striti. Hai. L par. 2 , p. 834 ec. ) (a). Di Celio Caleagnini e di Celio Rodigino , a1 quali la stesso Giraldi dà luogo qui tra’ pòeti , benché molto non ne lodi de poesie ( ib. ) , abbiam ragionato nel primo capo di questo iibro. Dopo alcuni altri poeti -che o appartengono al secolo preceden- te , o sono stati già da noi nominali , fa nfen- zione il Giraldi di Giovanni Leone sopranno- mato il Poetino, di cui racconta che nacque ne’ monti di Modena; che fu in Ferrara sco- laro di Luca Riva' e di Batista Guarino; che nel poetare fu sì felice , Òhe ne ebbe il sopran- nome di Poetino;' di’ ei vivea allora in corte del cardinale Ippolito il vecchio; che. molte elegie ed epigrammi ed altri versi andava ogni
* * * • v
{*) Una nuova edizione delle Opere del Cotta si è fatta di fresco in Cologna nel Vicentino , aggiuntevi alcune notizie' di questo elegante scrittore. ,
{a) Più eppiose e più esatte son le nptizte dell1 An- selroi che ci ha date il eh. padre Allò (Meni.' d? il f. Parm. t. 3j pS’x 18, ec. ).
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ao3a libro
giorno scrivendo , e che avea allor Va' le mani un poema eroiqo intitolato Perserdps , degno di esser pubblicato*, >e ne reca in fine un breve ma grazioso epigramma sulla favolosa Io '( p. 54< )• Di un Giovanni Leone modenese cortigiano del .cardinale Ippolito parla anche il' Borsetti ( Hist. Gjrmn. Fqrr. t 2, p. 2g5 ); ma egli tacendo gli studi poetici , dice soltanto qh’ ei fu sacerdote, teologo ed oratore, e ne rammenta un’ opera teologica stampata in Fer- rara nel i520, e intitolata Virbius seu opus secretile Theologiae. E egli uno stesso scrit- tore, .0 deesi egli distinguere dal poeta? Io non ardisco deciderlo, perchè non trovo tai monumenti che sciolgano il dubbio. Del poeta, scegli è diverso dal teologo, non so che altro si abbia alle Stampe fuorché * 1’ accennato epi- gramma conservatoci dal Giraldi. Qualche, al- tro epigramma inedito ne ha questa biblioteca Estense (a). Di Lazzaro Buonamici e di Pietro Alcionio, de’ quali in seguito fa i’ elogio il detto scrittore ( p. §42 )> io non dirò "a questo luo- go, perchè del primo sarà più opportuno il parlare nel capo seguente , ove pure diremo di Antonio Tilesio che poto appresso ei nomina, del secondo -già si è ragionato nel trattar dello studio della lingua greca. Viene indi a parlare di Giovanni Muzzarelli mantovano , che venuto a Roma, secondo il costume di quegli accade-
’ * ' .1
(a) Del Leone si è più a lungo parlato nella Biblio- teca modenese ( l. 3» !>■ 84) , ove si, e osservato die è più veritimile che sia un solo 1’ autore delle Poesie latine e dell’ opera teologica.
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TF.K20 ao33
mici, latinizzò il suo nome, ?,si disse Giovanni Muzio Arelio. Ì)f lui dice il Giratdi [p. 543 ) che avea veduto un Inno in. lode di S. Gio- vanni Batista , e alcuni epigrammi da lui stesso mostratigli, p un poema in lode di Muzio Sce- vola, che stava aller componendo, e, che di questo giovane grande era T aspdttaziort prèsso i dotti. In fatti il Bembo, scrivendo da Roma ad Ottaviano Fregoso il i di. gennaio del ifiia, Nos invisit i,- gli dice ( Epist. Jìimil. I. 5, ep. q ), Mutius Arelius few cfuotidic magnete, spei ado- lespens, .ut scis , aut elioni majoris , quam quoti sci re po'ssis: magis enijn magisque: se se in dies comparat, citi h ad niores optimos et ad omnem virtutem , tum ad poetices studia , ad quae nalus pmecipue videtur. Leon X, pre- rniator generoso de’ colti ingegni , gli diè il go- verno della Rocca di Mondaino detta dal Va- leriano ( De Infelic. Li{er. I. 1 , p. 22 ) Arx Mondulphia. Ma questo onore, gli fu funesto : Monsignor mio , scrive il Bgmbo al cardinale di Bibbiena ( Lettere , t. 1, l. 2,. Op. .t. 3 , p. io) a’ 3 «di aprile del |5i6, sapete bene, cfì io temo grandemente i che'l nostro povero Mpz- zarello-sia stato morto da quelli di Mondaino , perciocché da un mese in qua esso non si trova in luogo alcuno. Solo si sa , che partì da quella maledetta Rocca temendo di quegli uomini, è fu nascostamente- Non fu già , eli io non gli predicessi questo , che Dio voglia, che non gli sia avvenuto. Oh infelice giovane ! non V aves- s' io mai conosciuto , se tanto e . così raro in- gegno si dovea spegnere sì tosto e in tal mo- do!, E iu altra al medesimo de’ 3o dello stesso
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ao34 uìjjw
mese: Del Muzzarello niente si può intendere. Laonde io per me lo tengo senza dubbio spac- ciato. 0 povero e infelice giovane! È possibi- le, ch% ai tuo fine così tosto, e così mìsera- mente sii pervenuto { ivi, p. i-3 )? infatti il Va- leriane) racconta^ eh’ ei fu poscia trovato molto insiem colla sua mula in un altissimo pozzo. E così apeenua anèhe il Pomari come» landò quel passo dell' Ariosto: . • ?
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. i<. Uno elegante Castiglbne, tiri culto -»
Muzio yireiio , ec. '* . Canto
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Chiamo s,si costui,' di ce égli ( Sposiz. -sopra f Ori.
' Ci, p. 6^4 ) , Giovanni Muzzarello ife molti componimenti volgari et latini , essendo uno degli Accademici pi Roma al tempo di Leone. Fu poscia da alcuni nemici suoi indegnamente ferito et ucciso. Molte Poesie «latine e alcune italiane se ne hanno in. diverse Raccolte; e nelle prime singolarmente egli è scrittóre assai , colto e felice. Un’ altra opera inedita,'- e non rammentata da alcuno, ne abhiaiijo in questa biblioteca Estense in lingua italiana e scritta a- foggia dell’Arcadia del Sannazzaro, parte in prosa, parte inversi j in lode della sua donna, eli’ ei si protesta di non voler nominare. Ei dice di averla scritta ne’ più giovanili suoi an- ni, mentre era al servigio dL Lodovico Gonzaga eletto vescovo di Mentova ; morto nel 1 5 1 1 , ed essa è da lui dedicata alla Dia Helisabeth Gonzaga da Feltro Duchessa d. Urbi no. xix. XIX. Degne di non molta lode sembrano al «□«“'adii Giraldi le Poesie di Girolamo-Nogarola, che da kr urie. iu; (iìcesì cavalier vicentino , ed esule dalla
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, terzo ao35
patria per aver seguito il partito imperiale con- tro la Repubblica ( /. cit. ). Il marchese Ma (Tei però l’ annovera tra gli scrittori veronesi ( Ver. illustr. par. «a j p.‘ 4»5) ,* e rammenta un’ora- zione in versi da- lui detta in' Vicenza innanzi allimperador Massimiliano , e stampata dalFre- hero ( Script Rcr. germ. t 2). Un bell’elogio''' soggiugqe poscia il Giraldi di Paolo Cerrato di Alba (ib. ) : Paulus Cerratus ex Alba, Pompeja non ignobilis est\, tum genere , ‘cum carmihis et leguni peritia, quoti sciati* : , adhttc in mdnus habet de Virginitate tres libello s caratine he- roico , in quibus mira fcucìlitas et sonora car- minis structura. Et si noti eadem semper nu- merorum aequalitas, sed prò re interdum variata. essct} nescio cui uostrorum temporum poetati cedere posset. Huic quidem praeter eruditionem et carminis facilitatela moruiu ac vitae integri- tas non parum ornamenti a/fert. Di questo no- bile; giureconsulto e poeta ha raccolte con somma diligenza da’' monumenti della sua patria molte notizie il eh. ‘sig. baron Vemazza da me più volte lodato, e coti uguale eleganza le ha di- stese in latino, e Je ha premesse alla ristampa di tutte le Poesie del Cerrato j fotta in Vercelli nello scorso anno,. 1-778 (a). Il Cerrato 'era nato; da Benedetto Cerrato nobile di Alba verso il 1 485, e morì-, come sembra probabile, verso il mag- gio del 1 54 1 . Il poema De Firginitate , 4al . *■
(a) Sulle notizie medesime ba poi stesi il sig. abate Odoardo Coccbis la sua Lezione sulla Vita : di Paolo Cerrato ( Piemont; ili. t. 3, p. Ì91, ec. ).
' . v ■ . T ■ t •
TTjiaboschi , Voi. XIII. 5
aÓ36 . , LIBRO
Gìraldi lodato', non venne a luce che nel 1629 in Parigi. Di lui ancora si ha alle stampe 'un lungo Epitalamio di 53.3 versi nétte nozze di Guglielmo IX marchese di Monferrato e di Anna d’AlenCori, seguite nel i‘5o8 , di cui Si son fatte più edizioni j ma alcune di esse as- sai trascurate e mancanti. Tre epigrammi fìnsi-*, mente sé aiè 'hanno , nella, più volte mentovala Corieianai Anche lo Scaligèro parla con grandi elicermi di questo poeta , e Jo annovera tra’ più illustri che avesse a questi tempi l’Italia [PoeL l. 6, c. 1, 4)- Dopò. il Cérrato/ ci schiera in- nanzi il Giraldì -alcuni valorosi poeti che viveano allora in Roma, e che perciò si son già da noi nominati; e passa iòdi a dire in breve di tre Mantovani ( p. 545 ), cioè . di' Batista Fiera, di citi ahbiam parlata-' al principio di ' questo capo, di Benedetto Teriaca,*' di cui dice -di aver veduti alcuni libri ‘astronomici in ver^o elegiaco, i quali io non so che ahbian veduta la luce; e di Benedetto Porto1,, di cui dice ch’era il più colto fra essi , ma che per desiderio di li- mar sempre più le sue poesie noav voleva ch’èsse sj rendessero pubbliche. Di Francesco Gtapal- dì , di Luca Valenzhino e di Bernardino Do-» nato , che 1 tra’" poeti latini qui si registrano , ahbiam già detto altrove in questo stesso Vo- lume. Del Fracastoro, che ad essi sj aggingne,*
, direna tra poco , e al capo seguente riserve- remo il parlai di Batista Egnazio. Pomponio Gauricò, fratello di Luca, di cui ahbiam ragio- nato nèT tratta? degli astronomi, ci’vien dal Girardi giustamente dipinto { ib. ) come-'poeta non privo di ingeguo e di grazie, ma troppo
p-a
lice :
. V TERZO . ' atf3^
molle e lascivo.- Di lui paria il Gioviò ( 'Elog .
46 ) , e riflette che avellili voluto rivolgersi al tempo medesimo a 'molti studi', in iiìuho potè divenir eccellente. Ei Ri professore nell’ u- nivA'sifò di Napóli e maestro ancora di Fer- rante Sanseverino principe di Salerno^ (Origlia, Stor. dello Stud. di Nap. tr a , p. 8) ; e delle opere da lui composte, benché non tutte pub- blicate , si può vedere il Catalogo presso il Glo- rio e pressò ih Tàfuri ( Scritt. nap ol. t. 3, par. 1, .. 2 3 l'j jfir. 6-, p. io3 ). La morte ne fu infe- impefciocchè abitando da Sorrento a Ca- stellaroare nel i53oy si smarrì per modo, «he più non se ne ebbe contezza , e fu creduto clipei lésse ucciso e gittato in mare da alcurii eh’é- gli col palesare troppo liberamente i suoi amori avea irritati. Io passo sotto silenzio Paolo da Canale, , di cui fa rùenzidne il Giraldi (p. 546) poiché di esso si è detto nel primo capo di questo libro. A ggiugne .egli poscia che molti poeti erano ancora ili Venezia , ma poco a lui, noti pel breve soggiornò che in quella città avea fatto ) e che ifaolli n’ erano àncora in Milano ; e nomina Stefano Dolcino, che, fu veramente dì patria crenionèse, ed è lodato àhcor'dal Ban- dello come colto poeta ù. , hov. 58) (a) , Paolo Bernardino Lahtieri e Francesco Tanzi
1 . . .
\a) L’ -esattissimo P. AITÒ ha osservato (Mem. d’ili. Panni, t: "3 , p. 65 , ec. l63 , ec. ) che' due furono col nome di Stefano Dolci no , il primo canonico'della Scala in Milano, ma .parngfigiano di patria, e morti* nel i5o8i P altjro -vissuto -egli pur lungamente, in Milano', lodato' dal Giraldi e' dal Randello , e morto dopo il i5uj e distingue le opere dell’uno da quelle dell’altro.
ao38 . , libro
soprannomato Gomiterò, de’r quali più distinte notizie veder si possono jpresso l’Argefati (li ibi. Script, mediol. t, i , pars a , p. A109 ; pars i , p.,786, 1 4“7 )? e -più a lungo si ferma nel ra- gionar di Lancino Corti-, di cui npi abbisftao parlato nel tomo precèdente. Finalmente dopo aver fatta non molto onorevol menzione di Giambatistà ,Corbano cremonese , e ■ dopo aver nominato con lode Antonio Maria Vlsdomini genovese, che prima di Guido Postumo era stato in Modena maestro de’ giovani conti Ran- gòoi , e che mólti versi ave» scritti, benché in istile alquanto- basso , allora stava scrivendo alcuni buoni Conienti sulle'. tragedie di Seneca, accenna i nomi di Niccolò Pannizzato ferrare- se^ di Pietro Antonine di Jacopo Aociaiuoli ,
E adìe e. figlio, di patria, come sembra proba- ile ; fiorentini, ma abitanti in Feìrara , e' da lui delti Azioli. Di araendue parla il co. r Maz- zi icchglli ( Scrìa . ital. t. i, par. 2 ,'p. 1284); ma a ciò eh’ égli ne dicè , possiamo aggiugt>ere che le Poesie latine di Jacopo lodate vengono come dolcissime da* Giarnbatista Giraldi' ( Ro~ manti , p. iji, iiji), e che un belP elogio ne fa Celio Calcagni ni , prèsso cui villeggiava allora l’Acciaiuoli ancor giovane: Quis est tamabstirdo judicio , qui Jacobi Azafoli' amttenitates non amet? cui omnia f clic iter Musae indulserunt , seu vorsam , seu prorspm orationem' teneat, seu ' in Etruscis se numeris exerceat, Seu transma- riiias Venere è avversai, in Latium ( Op. p. 60)? sj?r »n- XX- Schierati innanzi in tal modo i più il- «'»_eran , m lustri poeti latini che fiorivano uè’ primi anni del secolo , passa i\ Giraldi nel secondo Dialogo,
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TEÀzà 'aoSj)
scrino, come sì è détto, nel i5/\6, a ragionare di quelli che. allora erano. più rinomati. Comin- cia in es$o a favellare de’ Greci , Veputi nel sa* colo precedente in Italia r e che tanto alla ita- liana letteratura avean recato di giovamento , e parla ancora di quelli che allora era'n tra no}. Indi si fa ad annoverare alcuni poeti di diverse nazioni; portoghesi ) spagnuolj , francesi , e sin- gtìlannente 'tedeschi ,' inditi de’ quali però aveano fatti i loro studi in Italia- Venendo poscia agl’ita- liani ( p . 562)/ alcuni . dapprima ne nomina che avrebbon dovuto aver lupgo ne( primo Dialo- go, e de’ quali noi abbiam ragionato nella sto- ria'del sècolo precedente, cioè Pandolfó Gol- lenuccio ,, Elisio Calenzìo e Francesco Negri ■veneziano»,' a Cui aggiugtie quell’ altro France- sco Negri bassanese, da noi nominato altrqve , e di cùi accenna un poema in loclg de’ Gii gior- ni , intitolato Rhactiti. Nomina Macario, M’byio di Gamepno» autprè di un poema in lode dejla santa Croce ; e fa un bell’ elogio del pontéfice Paolo III , che avendo nell’ età sua giovanile col- tivate studiosaqienté le lettere . anche uelf età decrepita , .in cui era allora , non cessava di
Eroteggerle e di favorirle, e volentièri udiva t poesie greche e latine. .Vuole che tra i poeti si annoveri alighe Niccplò Leoniceno , di Cui noi abbiam detto -nella storia del secolo xvr e afferma che negli anni suoi giovanili avèa egli talvolta improvvisato felicemente. Accenna Vir- gilio Porto medico e poeta modenese, vissuto lungo tempo in Bologna-, di cui sj efan vedute alcune Poesie , ed egli è quel Virgilio da Mo- dena elite è lodato dal Casio come medico e
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poeta latino e , volgare-’! Epilaft p. 69) , e di cui fa menzione ancor PÀlidosi tra’ professori bo- lognesi {Doti, bologn. di Teol. . ec. , p. 1 80). De’ due gràmatici Scopa c*-Stoa t -e di Giulio Caromilt© che Veiigoh poi nominati, ma con poca lor lode , direni nel capo seguente. f Di Achille Boccili ,’ iodato qui dal' Giraldi, è an- che di Bonavéntura Pistofilo ,< di Giambatista Giraldi • è Mh Girolamo Fallettì , de’ quali- fa poco appresso assai onorevoli elogi (p. 566 ) , si- è già détto ad' altre, occasioni. Poeta, di qual- che, nome vien da lui detto Giampietro' Fer- retti da Ravenna , ’ vescovo di;-Milo e poi di Lavello,' e morto nel ifój, dopoaver - rinun- ciato a questo secondo vescovato. Eì fu scrit- tore indefesso , é non v1 ebbe genere d’erudi- ziéne che non fosse da lui coltivato , come ci mostra il catalogo delle opere da lui composte, tessuto dal P. abate Ginanni ( Sdritt. ravenn. I. 1, p. 228 ), delle' quali però assai poche son quelle’ che ne sonò stampale. Fpa questi Ita- liani frammischia il Giraldi Stefano Doleto fran- cese , di cui non è di questa 'opera il ragionare ; e fa poscia un magnifico encomio -di Bartolom- meo Ferrino, di patria ferrarese , e di bassa .origine , ma dal suo jngegno e dal suo studio introdotto alla corte di Ercole II , e onorato dà lui con ragguardevoli impieghi e con illustri ambasciate fino al 1 545 , in cui diè fine a’ suoi giorni. Due orazioni nella morte di lui Recitate da Alberto LolHo e da Barfolonimeo Ricci ci fan conoscere in quale stima -egli fosse pel suo sapere, ifOn meno che per la s'qa integrità, ira- condo ne loda singolarmente. (Vp. f.i,.p..7-2,cc.)
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lo studio deÌl!arPe(na letteratura e dejla poesia latina,’ in cui dice ch’ei riuscì felicemente- nel* r epigramma^ e più ancora nelle odi; aggiugiie che studio ancor maggiore egli fece' della rm- gua 'italiana j b che o scrìvessè egli in versi j o .in prosa, seri vpa sempre eoo eleganza e pou eloquenza non. ordinaria ; e ne loda principal- mente alcuni sonetti e due orazióni. Di lui si parla, ancora nelle Memorie de’ Letterati ferra- resi (t i , p. 233),,. ove si aeceiinan le còse che ne sono stampate , e le altre epere eli’ egli avea' intraprese j ma oselle non furon da lui finite, o periron con lui. Del Ferrino, si è gneòr detto altrove, ove abbiam rammentato quanto sollecito ei fosse %iel custodire è neh’ accrescere la bella 'bibli ottica di. ..cui il Pistofilo morendo aveagli fatto dono. Liete speranze avea rpari- qnenti concepute il Giraldi di Jacopo dovari giovane fpirarese ( p ' 367), di cui dice che avea vestite nlgfoe. fissai delicate poesie. Ma Fim- pàego a cuL li^bUevato di cancelliere' del duqa, sembra che il distogliesse da tali studi, poiché non trovo che cosa alcuna abbia veduta la luce.
XXI- Noj abbiarùó accennati di "volo i sud- dotti poeti, perciocché essi o av^n già avuto nal Bcnnlel- altro luogo ip quest’ -opera, p. non ci han la- lo Accol,“ sciati tai -saggi de’, poetici loro studi j^che con- venisse il trattenersi lungamente pel ragionarne.
Un altro ora ne aggiugne , di cui . benché po- che. operé ci 'Sjan. rirakstè j è rimasta però tal memoria pressd’ gli scrittori <jfr qne’ tempi, che non possiam spedircene sì brevemente. Questi è ih cardinale Benedetto. Accolti., detto cernii*
Demente il Cardinal di Ravenna, di cui, benché
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I .
ao4a tWKO
nc abbia .esattamente raccolte molte notizie il eli, conte MazzQcchelli (Scritt. ital. iti i, pctr. i , p. Oa , ec/f, speri am nondimeno di po- ter dijp qualche cosa - da altri non osservata. Egli era originario d’ Arezzo -, 'ma nato in Fi- renze da Michele Accolti e «-da Lucrezia Ala- manni a’ 24 ottobre del t 497 j sècondo la più comune opinione. Terminati' i suoi studi in , Firenze e in Pis^; ove ebbe la laurea, passi a Roma , ed iyi , per opera del Cardinal Pietro Accolti’ sup zio,, tanto- s’ imioltrò neHa grazia di Leon K, che, dopo aver sostenuto per qual- che tempo T impiego di abbreviatore aposto- lico, fu eletto vescovo di Cadice! Quali fossero le .speranze elle di sè dava ,il giovane Accolti, raccpgliesi da un bel passo della Poetica dei Vida-, che leggesi nel;, codice altre volte lodato del signor baron Vernazza, che manca nelle edizioni di quell’ opera , perciocché alla fine del libro terzo, volgendosi di nuovo, ad Angelo Divizio, a cui in quel codice WPoetjca è. de- dicata, coàì eli dice:, i” *" •. *
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' ■ Sat mitii si le^
Si te olim longe 'aspiciam raea fìtta secutum ••Indicia exupf fosse viam , summoque receplum ■ Vertice ^t hnerentes socio* juga ad. alta vocantfffl, Angele *i tee u in vadentem passibus aequis(-,J Accoltimi juvenem aspjciam , quem saepe maligno Sudantent clivo dulci miserantur ambre Pierides, fessunKjue siimi super ‘ardua tollunt Parnassi juga , sgepe antro silvisque refcondunt ' Secreti* puefum egregium, .placitoque fruuritur. , , . 'Afnplexu , et dolci pia libant oscula' cura i, ■
Buirì legit intacta' lauri de fronde corónam lnsignem , ‘patruihue audet se Collere sopra Divinai laudes , famaeque aspirai arvorum. »
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TERZO 21*43
Anche Adriano VI, beychè nqn facesse grap conto degli Oratori e de’ poeti , dal 'detto ve- scovado il trdsferì a quel di Cremona^ Cedu- togli dal Cardinal suo zio,, che fn*-pgomoSso all1 arcivescovado di Ravtenpa. E eli ciò- sì tfoya menzione in ,ona lettera di Baldassar Castiglione a AI. Andrea Piperarro, scritte da Mantova, a’ n' di marzo del. i5a3: Pregooi ancor , se succe- derà quello, che tnì scrivete del Vescovato di Cremona , in, perdona del V ?scovo di Cadice, me ne avvisate , perchè io lo desidererei mólto per V affezione e ’ servitù , eh’ io portò al, pre- dato V escov o, ec! ( Lett.jU Negoz. t. r, p. ’i oa ). Clemente All, appena eletto pontefice, sitila fine dell1 anno » stesso lo /nominò * suo segretario in- sieme col Sadoleto} del che non ci lascia du- bitare unà lettera di Girolamo Negri de1 2 di dicembre' del" detto anno,, ove però benché Iodi l1 Accolti- Come giovane di venticinque anni,, ma ben dotto e da bène ( Leti, de’ Principi , t< Vj p. j 19), dice p§rò ch’egli crede che in confrontò del Sadoleto ei sarà, come , il console Bibulo in confronto di Cesare} espressióne, come otti- mamente, riflette monsignor Buonamici ( De'Cl . Ponti/. Epist. ficripL p. 85, ed- 17^9), die nè alla virtù del Sadoleto ne. al talento deìl’ Accolti non si conveniva. Nel i5sj4 cambiò a vicenda col zio il vescovado di Cremona, "ed ebbe an- cora l1 amministruzione' di alcune altre chiese nel regno *di Napoli , ' e Ip badia di S. Barto- lommeo noi Bosco di Ferrara. A’ 3 di maggio del 1A27, cioè tre giorni innanzi al. memora- bil sacco di .Roma , fu dallo stesso pontefice annoverato' tra1 cardinali. Di ciò che avvenisse
ac>44 -inno
di lui ia quell’ occasione , ivon- trovo memoria. Solo da una letterat a liti scritta^ dal Sadoleto nel maggio dell’anno 1629, raccogliesi.chc il cardiniAccoltì era o allora , p poco appresso, partitocela Roma., p, vi' avea poscia^ di , fresco fatto ritorno Cogntìvt*ex. iliteris meqrwn , qui Romae swlt , te ( quod magnile voiuptaf mihi futi ) salvuni et Aòspltem ab adenti orìs } quo fuèras horribili tempestate qojnpulsiU, Romam ' invertisse { Sadol. fpist. t. i, p. 281-, ed. Rom.), E grande erà in fatti l’amraicizi'ar che pa^sa% a tra il Sadokto el' Accolti, come dalle vicendevoli lor lettere si raccoglie^, tra le quali' quelle d^ell’Ac- colti sono esse ancora scritte con molta- eleganza (ib. t> 1, p. 284^4385 f.<3, p. 276), e lodate
Serciò altamente dal Sadoleto (ib. t i, p.»fò$).
el i532 fu inviato legato nella Marca d’Ancona, e il Cardinal Bembq di ciò con cui lui Éalfegnossi in- una sua lettera.de’ ff) di faglio nel detto anno (Epist fornii, ir. 6, ep. 79). E benché, una lettera dal Sadoleto a lui scritta' sembri indicarci ch’ei, finitp felicemente il'sùo governo , , tornasse a Roma sulla fine dell’ anno atesso ( l. ’ cit t 2 , p. 129), un’iscrizione però a dui posta nella Fortezza Ancona*,: e riferita dal conte. Maz* zuccbelli, ci mostra ch’egli eca in quel governo anche nel i534.- Ma questo governo ‘ stesso gli fu cagión di «marezza e di danni. A’ di aprile del 1 535, per ordine di Paolo III , fu chiuso in Castel S. Angelo, e fu, sottoposto a ùo rigo- roso , processo. Il Giovio scrivendo al vescovo di Faenza, • «lincio in Francia, a’ 3i di maggio def detto anno, così gli dice (' Lettere diP. Gio- viot Peti. i 56o, p. 93): Ravenna { cosi dicessi
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TERZO " 2045 ,
T Accolti dal nome della -sua, chièsa ) ha due mila seltere/ito quarantacinque carte di procès- so , e. "si tiene ? se Dio bop l'aiuta , che si ■> scappellerà , cpme irti uovo-fesco ; et sic.tran- % sìt giorià mundi. É. in altra de’ i‘5 di luglio , f spiegando allegoricamente il péricólo'iu cui l’Àc- s colti si ritrovava. Baverina è a stillato e'ina-
p nuscriiti: non digerisce il pollo presto, e pa-
t natella ( lui ). Questi passi -del, Giovio j finor/i t non avvertiti , ci mostrano , per «pianto a me"
: seroBra , ebe il delitto pqr cui l’Àccolti fu chiuso -
in carcere ,• non . fu solo -di peculato, come so- spettasi comunemente , poiché ili tal caso non si sarebbe trattato di scappellarlo come un uovo 1 fresco , cioè di decapitarlo, ò almeno di toglier-
gli il cappello. Ma quaU fosse sì grave, reato , non» può congetturarsi e le mieòrìcecclie. su ciò «fon sono state putito più fortunate di quelle già, fotte da-altri. Alcuni vogliono ..che il Cardinal Ippolito de5 Mèdici .fosse* fautore della prigio- nia delfAccolti, e che il Molzà, clic era formi- gli are del primo, scrivesse contro il secóndo upa terribile invettiva \ tua ciò non mi sembra pro- babile, perchè', se il iMolza si fosse così dichio,- 1 .rato- nimico .aH’Acttólti, non avrebbe aYutp ai-*- [ dire d’ indirizzargli , ^dopo la sua liberazione, le
1 due belle elegie ( Mqlza , Ùp. t., r, p. .a.3-3-,
? ed. Bergom. tqfa ) , nelle quali l'aula il cQrag-
i gio con cui avea sostenute le sue avversità.' Solo
1 sappiamo che venne fatto all’ Accòlti di Jiberac- 1 selie collo- sborso di una. gravissima somma f 1 cioè, fsecoljdo alcuni, di cinquanlanóvemilìi scudi
• d’oro, 'e* che in tal modo^uAcì di carcere a' ‘.ii~ ’
1 di ottobre dell’ anno slesso. Girolamo’riegci però * '
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ad46 - libro (
he fa la somma alquanto minore : Il Card, di Ravenna, scrive egli a’ 6 di dicembre del detto . anno ( Lettere de’ Principi , t. 3, p. 1 4^ ) j va allò Castella * del suo Arcivescovado di Ravenna per starvi quah'he tempo, et ricuperare li sbòr- sati denari , elle si dicono , tessere stati scudi quarantotto rpila. Alla liberazioni dell1' Accolti giovaron molto gli uffici <iel «Cardinal Eroole Gonzaga ? •come raocogliam -.da una lettera del Sadolelo (Z.\ cit- t. 2, p; 33 1 ). Anzi uha lettera a dui. scritta da Pietro Aretino sembra indicarci ( Leti. I. i, p. i\i) die lo - stesso imper£|dor Carlo V frammettesse in gìò la potente- sua mediazione. L’Accolti , uscito dalla Sua carcere, ritirossi dapprima a Ravenna indi a Ferrara, e finalmente a yenezia ;,*e ' del soggiorno da esso fatto in queste due altre città ci fanno testi- monianza le poc’anzi- accennate èlegiè del Mol- zà. yerso H principio del 1 , if ponte(ice Paolo lTJ con sue lettere 'gli permis.e di tornar- seqè a Roma; e abbiamola lettera dal -cardinale scritta da. Venezia, a’ i-a di gennaio/del detto apno apo stesso pontefice, con cui il ringrazia, qupd literis honbr\ficientissimls ùria cnm cete- ris Cpllegrp absentibuf ad\ suum: saflctissimum- gremium, hoc est a desperatiqne qhinìufn rerum ad ceriam spera , stimino beneficio revocavit; ma -insieme si seusà, perchè giunta essendogli ali* improvviso si lièto, -annùnzio , si Arova egli si aggravato di debiti , che naii può sì tosto t recarsi a Roma ( Epist >cl. Virar, p. 42 , cd. Veti.fi 56S VE un’ alta'a pure ne abbiamo da Jui-s'qrjtta al papa medesimo da Firenze, ove si era frattanto recato 'avi 5 di novembre del i 544»
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nella quale .si scusa, percftè.hon può arrendersi al nuòvb, amorevole invito da -esso avuto,, sì per le molte gravi infermità alle-. quali era stato finallora soggetto, come anche per qualche coni- missione avuta dair ichperirtjoré , e. che era di molla importanza non solo per quel’ monarca, ma per tutta la Chièsa cattolica ( ib.,p . 45“}. La qual commissione però .non sappiamo pre- cisamente qual fosse. Pare infatti che éi non partisse mai da Firenze ; "ted ivi certamente el morì -a’ 21 di settembre'' del r549- ‘Pòco ^ éiò' che ne lia veduta, la luce, e il conte Màzzuc- chelli annovera diligèntemente .le1 Lettere e le Poesie- che se ne hanno alle stampe) ed altre opere che a* son ' rifilaste' inedite1, 0' si sono smani te. Ma’lélodi colle quali ei viene onorato dagli scrittori di queHempi , cel rappresentano come uno de’ pnPcolti ed eleganti scrittóri che . avesse quel seoolp. Già abbiamo! accennato quali elogi solea farne il èardiuahSadqleto. Il Giraldi
10 dice utio de’ primi' scritteci di epigrammi /e di elegie: e tale che difficilmente po.tea trovarsi
11 piò ingegnoso e il piò leggiadro, e rammenta
insieme la protezione elisegli accordava àgli uo- mini dottij fra qirali nomina il Pico; il Molza, il Valeriano, ribaldili», il Pantàgato, il Minu- zie, il, Ròbortellp , e ad èssi aggiugne se stesso. Celio, Caleagnini ancora t scrivendo a Galasso Ariosto, esalta confmòlte lodi alcuni vèrsi dèl- l’Accqlti, che quegli inviatagli avèa, e ,dufe lettere ■ piene di elogi scrivete lui stesso i38).
Ma bello è singolarmente l’ elogio con cui Paolo Manuzio gli dedicò' nel i54ó il primo' tomo delle Orazioni di Cicerone, di cui, poiché esào
204
LIBRO
non è stato accennato dal colile Mazzucchelli , recherò qui una parte: Soles quoti die fere a gravissimarhrn artiutn iractatione in lìaec stu- dia, quar sibi ab humanitate nomqn adscive- runt,' quasi in hortiirn atnaenissinutru dberte re , ubi te modo Oratorum et Poetar um flore s , modo dtUchim amic'oriun Colloquia ; ' nilrifice deledtftht ne practer id ternporis, quod vale- tudini dare soles, quoti' sane pusittuni est, fiora nidld sitfquatn non in literis et vèrtute tradu- ca^. « Quam tiiae vitate ràboitcm qui ignornnt , mirantur scilicet , 1 unde , m tibi in ddversis re- . bus fortitudo tanta j unde animi rapar illud invidi. Di alòtyiie altre circostanze intorno alla vita e all1 opere delR/Cccolli, poiché nulla io ho che aggiugnere al co. Mtfràucchelli, lascio che ognuno- consulti l’opera, di questo etuéito scrit- . • tore, e quella ^lel eh- 'nioiTsigfiòr/èuoiianùd da poc1 anzi citata $ è ib frattanto ritorno al Giràldi: • - ■ \ i V ..
XXII. XXtf. Paolo. SadoletcTj '.di cui abbiani ragio- « irato tri. gli scrittori- teologi , Romolo e .Pom-
Giri,<ii- pilio Arnese! , Sebastiano .Corrado e Antonio
flluioragiò-, de quali" (Otti diremo nel. capo se- guente, e Frairce'sòo Robortello, di dii si è dettò’ a lungo nel primò capò di qiiesto libro, s hanno qui duogo,1fa: LLJiuqnr scrittori di poe- sie- làtìnc: Soggiugne ?d eàsi "(p. 569) Girolamo della -Ròvere, 0, come' egli.jiice, Quercente , della -famiglia di-,Giulio II, il quale., dice egli, nèlRelà fanciullèsca sembrò un’ prodigio in ogni generè di dottrina in' Pavia- e altróve, e perorò pubblicamente e scrisse poesie di "fnolti e di- - versi mètfi. Ei vive ancora, àggiugne, ma ora
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soggiorna in Francia. Somiglianti’ cos? di Giro- lamo della Rovere ci narra ih Cardano (De ejcenipfis. geuiturar. n. 58 f, die lo .dice nato a’ 29 di gennaio del i53o^ e afferma che in' età di nove anni disputò e perorò neh’ univer- sità di Padova,’ e «eli e aveane egli stesso ver duta stampata quell’ orazione 5 e che nelle lin- gue ancóra area una perizia .ìniperipr di molto dP^tS. ‘El fu poscia inviato ,-iit suo nome dal duca di* Savoia al re di Tracia, -, a cui- piac- , que • per* modo / che 11’ebhe il vescovado di- Tolone, da cui fri poscia ^'promosso- all1 arcive- scovado di Tórilio, e da Sl-stò ’V fatto cardi- nale,.morì Hel 1^02. ì)i Ini ' Aeionft più a lungo il Rossoiti (Sfilai). Seri ptT'Pedèm. p. 27 5, ec.), e ©Urev-àlcùiie .altre orazioni, ne .adceuna' le poesie latine da fui composte in* età- di dièci anni,. dioè nel i54o, e in quell’ ahiib.' stesso ‘ stampate in Pavia- DÌ. Andrea Dazzi fiorentino . noti pam- il Giraldi olle* còrpo di assai r'uediò- • ere 'paetft; 11^1 accenna insieme, 'comfe cosa de- gna di maraviglia,; òhe, essendo 'vecchio e cieco, tenesse in dPirehze scuola, di -tingu^ greseai Di * lui ci dà più distinte nòtizie -il sjguor'lioine- nico Maria Manni { Sigilli . p. ! i36.),. che ne annovera le opere j e ul\a lettera latina- se ne ha ancora* iù istampa scritta. a" Pietro* Vet- tori nejP ottobre del i543, in occasione eli1 e- - gli .era stato dato collega al. Vettori, ^medesimo odia cattedrà di eloquenza greca e Ialina (Epist. cl. ,Vir.: adP. Vietar t t. -i , p. a3 ).-(«). Pqco
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• * '* * v • ^ f ^ * ' - « ' *
(a) Belle notiaie efi ArrJrea Dazii ci soipnainiSpa «fi- che il eli. inonsig. Fabroni / a Cui' seùibra che troppo
ao5o nino * . ,
degno ancora * di 'lode sembra al Girai di quel- F Andrea Saraco, di cui abbiam ragionató tra gli storici milanesi , e par di’ egli, il nomini solo per ;far menzione di Balista Saraco, che eia allora hi , Ferrara segretario del < dùca,, « soprastante all’ ardii vio; di cui dice- che Ira le gravi cilre de’, suoi impieghi godeva talvolta di sollevarsi, -o? scrivendo suoi versi, o udendo gli altrui. Di Marcello Palingeitio diretno tra gli - sfcrittori df poemi morali ; e . Wa -quelli dell’ arte poetica daremo» luogo f a Giulio Cesare Scali- gero, amendue nominati qui dal Giratili , il'quale ancora accenna, ma non gOu gran Jode, la Sto- ria del Vecchio . fe del-Nuovo Testaménto stesa in versi da Giammaria Velmazio francescano da Bagnacavallo, di cui inoltre nella Lauronziana si bau quattro libri ia versi eroi’ci ixlTode del- Pltalia, dedicati al duca Cosimo l^Caial Codd. mss~. Éibl. ,^aurep.L‘ 't» 3, p. 1,99)5 e* Ié 'Poesie ,di‘ ini certo Tomhi^itó Scqutanó; e quelle, che gli sembrati' più degne d’ enoomfi . di Scipione Baldi, ©- piuttosto Balbi, dal Finora di -Modena, di cui dice^ (p/!jmo^ che molto- talènto, sortito avea per la poesia , e 'che molte «cose avea, già puhblroate', molte ancora ne sopprimeva. Più stesamente ragiona .di questo poeta tt-co. Mai- zygchelli, plié tutte ne annovera lo poésie ve- nute?- alla luce {Senti, -itali. 2 , par. 1 3 p. 90) (a)- * •,*/ ' <■. * *. V* , '
severo -siii} «f giudizio che- ne "ha datò- il Giraldi (Hìs(- AcaiL P(s. t. i,‘p.<274. ec, ).’ ‘ . _ . '
* (a) Assai più Copiose ‘notizie di( Scinone Balbi mi e poscia avvenuto di *, rilrfcval-e , ed esse si posson' ve- dere or • piibblicatfc nella Biblioteca ' modenese (l h p. i'43, ec.). •
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Anche il celebre Cardinal Egidio da Viterbo , di cui sarà luogo migliore a trattare, ove par- lerem degli oratori di questo secolo, è posto dal Giraldi nel numero degli eleganti poeti. Quindi, dopo una non breve digressione sui più illustri poeti italiani al tempo stesso vis*- sali, ritorna a’ latini,, e dopo aver fatti i dovuti elogi di Scipione Capece e di Àonio Paleario , de’ (piali favelleremo tra gli scrittori di poemi filosofici, parecchi altri ne nomina ( p . 5-J2) che da noi- si accenneran brevemente. Essi Sono Pietro Mirteo udinese, uomo di vivace e facile ingegno, ma di, guasti costumi, e che eccitò contro se stesso lo sdegno del dolce Flaminio , a cui spacciandosi stretto di parentela, andava qua/e là ingannando non pochi, che niuna cpsa ricusavano a un tal nome, di che può vedersi il eh. signor Liruti òhe ne ragiona più a lungo ( Notizie de Lette r. del Friuli , t 2, p. 127); Pietro Angelio da Barga , di cui diremo più sotto } Giano o Giovanni, e Cosimo Anicii fra- telli de’ quali io nón mi arresto a parlare , poiché già ne ha ragionato con molta esattezza il conte Mazzuccheili -( L) cit. t. 1 , par. 2 , p . 799, ec.) (a) ) quel Gataldo siciliano, di cui altrove abbiam favellato (t.6,par. 3) 5 Jacopo Lebezio , cioè Lavezzuoli ferrasse , canonico regolare della Congregazione di S. Salvadore , di cui molte poesie latine si hanno alle stampe
(a) Dopo il co. Mamicchelli , anche più esattamente ha trattato de’ due Àni,cii il 1*. d’Alflitto (Meni, degli Senti, nap. /. i , p. 3(>4 . ec. ).
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Tjsaboschi , V oL XIII. 6
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ao5a ' LIBRO
(V. Borsct. Hist. Gjrmn. Fer. t p. 3G7, ec.), e Elio Giulio Grotti cremonese, uomo non nella poesia solamente, ma in tutte le belle arti ver- salo, e che molti saggi avea già dati e con- tinuava a dare tuttora del leggiadro suo ingegno (V. Aris. Cremori, liter. t. 2), le cui Opere fu- rono stampate in Ferrara nel 1 564 (’■)• xmo XXUI. Fra questi poeti , di cui in breve si , Girolamo spedisce il Giraldi , uno egli nomina che panni Panaci", degno non esser cogli altri confuso , cioè Lodovico Parisetti reggiano, detto il giovane, a differenza di un altro vissutoci principio del secolo , di cui il .Guasco rammenta una compendiosa Storia di Reggio in versi latini da lui composta , e data , noi) so in qual an- no, alle stampe (Star.- lettere di Regg. p. 3i ). Più celebre fu il giovane clic qui dal Giraldi si nomina. Ei dice spio di averne vedute molle poesie , ma di nou averle lette con attenzione. Molte di fatto son le Opere in versi del gio- vane Lodovico ; e tra esse un poema in sei libri sulja Creazione del mondo, intitolato Theopeia , stampato dal Manuzio del i55o, e un altro in quattro libri su|l’ Immortalità dell’ Anima , stampato in Reggio -ilei" 1 54 1 (a). In questi due
(*) In un registro de’ corrispondenti di Veronica Gambara , che conservasi nel pubblico archivio di Cor- rergio , e di cui mi ha data notizia il eh. sig. dottor Michele Antonioli , Giulio Crolli vedesi segnato col ti- I tolo Cancelliere del Ag. Giovanni da Saxadello.
(a) De’ due Lodovici , di Girolamo e di nitri eru- diti personaggi della nobil famiglia l’arisetti , si è più a lungo parlato nella biblioteca modenese (/. 4> p. 4^» ec. i t. li, p. i58, ec.,)'j il' che pure vuol dirsi di quel Giovanni berettari nominato poco oppresso ( t . i, p. 23o). '
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poemi sembra che il Parrsetti si prefiggesse d1 imitare Lucrezio; ma benché qualche tratto sia scritto con eleganza, più spesso però lo stile ne è troppo prosaico e basso. Piu felice egli fu nell1 imitare Orazio , a somiglianza del quale scrisse sei libri di epistole in versi , ehe vennero a luce insiem col secondo degli ac- cennati poemi. In alcune di esse si vede molta eleganza , e non picciola conformità coll1 ori- ginale eli1 ei prese a copiare ; e perciò non è da stupide che il Sadoleto molto ne lodasse una a lui indirizzata ( Epist. fornii, t. a, p. 260); che il Bembo facesse molti encomii di un1 altra dal Pari&etti inviatagli ( Lettere , t. 3, /. 9, Op. t. 3 , p. 277 ) ; e elm il Caleagnini ancora ne esaltasse L’erudizione e l’eleganza nello scrivere sì in verso che in’ prosa ( Op. p. i5o). Se ne hanno ancora tre orazioni col titolo De di- vina in hominem benevolentia , stampate in Ve- nezia nel i552, e più altre opere, altre* in prosa, altre in versi, ma alcune di esse ine- dite , delle ' quali ci dà il catalogo il suddetto Guasco ( l. ‘cit p. 48 ). À Lodovico pongiunge il Giraldi Giiolamo Pariselti , dicendo che , benché egli sia giureconsulto , essendo però uscito dalla scuola dell’ Alciati , è assai colto nella letteratura greca e latina, e talvolta si esercita nel verseggiare. Di lui abbiam parlato
?iù a lungo nel formar la serie de’ canonisti.
iù* bello ancora è T elogio eh* ei fa di Gio- vanni Berettari sacerdote modenese, di cui af- ferma che 'in età giovanile fece sì lieti pro- gressi nella letteratura e nella volgar poesia , e che nelle canzoni singolarmente ■ riuscì sì
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ingegnoso e sì colto’, che avendone vedute alcune il Bembo e il , Cardinal 'Bernardo da Bibbiena ed altri uomini illustri , ne trassero speranza clipei dovesse aver luogo tra’ più rari poeti ; e che perciò il Molza sei prese in casa; ma che poscia tutto si volse alle sacre lettere, e che P Accademia di Modena il rimirava non altrimenti che padre , finché dagl’ Inquisitoli citato a Roma j fu' costretto a trasferirsi, colà a render ragiope della sua Fede , e dopo al- cuni mesi assoluto , tornossene a Modena , ove passava tranquillamente la sua vecchiezza. Del Berettari , che fu soprannomato Poliziano , par- lano ancora il Vedriani ( Doti . inodori p. 1 17, ec.) e il Muratori {Vita del Caslelv.) , il quale, al- legando la Cronaca inedita del Lancellotti, ne fìssa la citazione a Roma nel 1 54 1 • Se però ella avvenne in quell’ anno convien dire che,, an- che poiché egli ne fu tornato , nascesse qualche sospetto intorno àlje opinioni da lui seguite; poiché una lettera del Cardinal Morone al Car- dinal- Contarmi , scritta da -Modena a’ 3 di lu- glio del 1 542 (Quiriti. Diatr. ad L 3 Episl Poli p. a84 ) , ci fa vedere che allora dovette il Berettari giustificarsi innanzi al Morone di alcune sue proposizioni ; e veggiamo ancora eh’ ei fu tra que’ che segnarono nel primo di settembre del detto anno il Formolario di Fede più volte da noi mentovato. Convien però dire eh’ ei si purgasse intefamente , perciocché,’ se- condo il Vedriani,. ci continuò a. fare le le- zioni sopra la sacra Scrittura nella cattedrale di questa cittì». Questo scrittor medesimo af- ferma che moltissime composizioni ne furono
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TERZO 2055
stampale in Parigi e altrove. Ma io non trovo che altro se ne abbia fuorché «lift lettera al Molza- (Molaa, Op. t. 3 , p. 101', ed. Berg).
XXIV. Gràmbatista Amalteo, quando il Gi- raldi scriveva il suo secoudo dialogo, era an- sta Amalteo cor giovinetto di ventitré anni. Aveane ei non- dimeno vedute elegie, epigrammi ed egloghe, *’“• le- quali ne faceano concepire grandi speranze.
E riuscì in fatti F Amalteo uno de’ più colti e de’ più leggiadri poeti che in questo secol fio- . risserò. Copiose ed esatte notizie di esso ci ha date il eh. sig. Giangiuseppe Liruti ; nè di lui solamente, ma di molti altri di questa fa- miglia originaria di Pordenone nel Friuli , e diramata poscia in più ditriiuoghi della stessa provincia .( Notiz. de ’ Letler. del Friuli, t. 2 , p. 1 , ec, ). Paolo Amalteo religioso dell’ Ordine de’ Minori , e professore di belle lettere in Pordenone ,v nella terra della Motta , in Bellu- no , in Trento e in Vienna d’ Austria , coro- nalo poeta dall’ imperador Massimiliano I , e poi barbaramente ucciso , non si sa come , nè per qual occasione, circa il 1 5 1 7 ; Marcantonio di lui fratello che, dopo aver fatto conoscere i snoi talenti per F affiena letteratura nell1 Au- stria e nell’ Ungheria , fu professore in diversi luoghi del Friuli, e morì nel i558 (’); e Fran-
(*) Molte lettere e molti epigrammi latini di Marco Antonio Atnallco_, e qualche altra operetta di esso e di Paolo di lui» fratello trovansi manoscritte nella biblio- teca di S. Michel di Murano , e se ne pub vedere il ca- talogo fatto dal celebre P. abate Mittarelli, il quale an- cora di essi e <li altri della stessa famiglia ci ha date I diversi pregevoli notizie ( Bibl. mss. S. Michael. Vcn. p. 3i, ec. ).
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cesco altro loro fratello , professore di belle lettere in Sqcile, e lodato da Girolamo Rora- rio come nomo' dottissimo ( Quod bruta ani- malia ratione utantur rnelius /tornine ) , ebber tutti gran nome per ij lor valore in tali studi, e ce ne lasciardn più saggi in diverse loro opere, altre stampate, altre inedite , altre per- dute , delle quali minutamente ragiona il so- praccitate scrittore. Efa Francesco nacquero Gi- rolamo nel i5on, il quale allo studio della poesia congiunse quello . ancora dell’arte medica, da lui insegnata in Padova, ed esercitata in più luoghi del Friuli fino al i5^4j in cui S™ <fi vivere ; Cornelio , che fu parimenti ipedico insieme e poeta , ed ebbe per alcuni anni l’ im- piego di segretario della Repubblica di Ragusa; Aurelio , lodato egli ancora come uomo assai dotto ne’ buoni studi , e Giambatista il se- condo de’ fratelli, di cui dobbiamo singolar- mente trattare. Nato in Oderzo nel i5a5, c inviato all’ università di Padova , vi si distinse per modo, che in età di soli venti anni fu chiamato a Venezia a istruire nelle lettere umane i giovani della nobil famiglia Lippomana; di che fa cenqo anche il 'Giraldi nel passo so- praccitato. Non cessò égli perciò dai coltivare i suoi studi , e non sola nelle tre lingue gre- ca , latina' 6 italiana , ma nella filosofia ancora , nella teologia e nella giurisprudenza si esercitò attentamente. Passò in Inghilterra nell’ anno 1 554 coll’ ambasciadore della Repubblica’ Giovanni Michele, fu indi segretario della' Repubblica di Ragusa , pòscia fu chiamalo a Roma , e scelto a suo segretario dal pontefice Pio IV, come
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terzo ao5^
r< afferma il sig. Lirùti , benché il silenzio «li vi monsignor Buonauiici possa muoverne qualche e dubbio , e passò per ultimo all* impiego di se-
i gretario della. Congregazione del Concilio. Due
k lettere inedite dell’ Amalteo a D. Cesare Gon- zaga signor di Guastalla , delle quali io ho co-
rua , ci fan vedere che nel 156^ egli era in Mi- ano col santo Cardinal Carlo Borromeo. Morì finalmente in Roma in età di soli quaran- tolt1 anni nel 15^3, pianto in' morte da’ più dotti uomini di quel tempo , che 1’ avcano in vita onorato de’ più magnifici encomii. In fatti le Poesie latine di Giambatista , stampate prima nel i55o, quando ei non contava che venti- cinque anni di età, c delle quali si fece. poscia per- opera «lei Cardinal Aleandro il giovane una più ampia raccolta nel 1 627, insieme con quelle di Girolamo e di Cornelio di lui fratelli , non cedono rin eleganza ed in grazia a quelle di alcun altro poeta di questa età. JVe abbiamo ancora alcune Poesie volgari , e alcnne Lettele, oltre più altre inedite delle quali distintamente ragiona il suddetto scrittore , die riporta an- cora gli elogi co’ quali hanno di lui ragionato molli de’ più dotti scrittori*, e parla inoltre di Giulio e «li Paolo , e più a lungo di Attilio Amalteo figliuol di Girolamo, e di Ottavio fra- gri di Attilio , che a questa famiglia conserva- rono e accrebbero co’ loro studi quel nome che le aveano i lor maggiori ottenuto.
XXV. Di Lorenzo Gambara , nominato qui xxv. dal Girateli ( p. 5^3 ) , direni tra pocó , * nel ,^'V,,7oL- ragionare degli scrittori di poemi éroici. Una ,i;rol'llu r“-r' lunga serie tesse egli poscia di altri poeti
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ao58 libro
latini , de1 quali altro noo fa che indicarci i , nomi. Essi sono'Anlonfrancesco Rainieri mila- nese, di cui abbiamo dello fra1 poeti italiani, Onorato Fascitelli da noi mentovato poc’anzi, Augusto Cocceiano bresciano , di cui parla al- quanto più a lungo il Cardinal Querini ( Spe- cimen Òrix. liter. I. 2, p. 228)} Gabriello Faerno cremonese, Antonio Volpi e Partano Paravicino comaschi , Angelo Pcrotti da Came- rino , Toloinmeo Galli comasco , che fu poi cardinale, Giulio Feroldi e Francesco Manfredi cremonesi (a), Giampaolo Amanio cremasco, di cui diligenti notizie si hanno presso il co.nle Mazzucchelli ( Senti, ital. L 1 , par. 1 , p. 5"5)j due Giovii , Paolo il giovane e Giulio , nipoti del celebre Paolo Giovio, Fazio Benvoglienti sanese da noi altrove lodato, Girolamo Olgiati soprannomato 1’ uccisoré , per 1’ uccisione da lui fatta del duca Galeazzo Maria Sforza, il qual però non so come sia dal Gicàldi qui no- minato, poiché visse nel secolo precedente; un Landriani milanese ,• che è forse stipi Gian- fabrhcio nominato dall’ Argelati ( Bivi. Script mediol. t 2, pars 1, p. 776); Andrea Angu- Jio, Antonio Vacca, Antonio Sanfelice, Placidio da Piacenza, Lodovico Domenichi, di .cui ad altra occasione si è detto a lungo ; Giamba-
(a) Di Francesco, o Gianfrancesco Manfredi , che non sol- fu poeta , ma anche medico pontifìcio fc e poi cor- rettore e .revisore nella biblioteca Vaticana, e finalmente per certi suoi non conosciuti delitti imprigionato in Roma nel 1 561, belle notizie ci ha date il valoroso sig; abate Mai-ini ( Degli Archiatri ponti/, t. 1, p. 435, ec. ; t. 2, p. 3oa , 3o8).
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TFiizn 20^9
rista Gabio, Ferdinando Baiamo sicilFano, Fa- bio Segni .fiorentino, di cui più ampie notizie potranno somministrare a chi le desideri i Fasti dell' Accademia fiorentina (p. 92,) ; Pietro Àlyaro romano e Lelio Carani , oltre alcuni altri stranièri che a questa Storia non appar- tengono. Tra tutti questi poeti due soli ne tra- scelgo io a dirne alquanto più -stesamente , perchè mi sembran tra essi più .degni di di- stinta memoria, cioè il Faerno. e il Volpi. .Il Faerno , di cui sono sconosciuti i primi anni e i prjmi impieghi (a), dovette la sua fortuna al santo. Cardinal Carlo Borromeo e al ponte- fice Pio IV di lui zio, il quale essendo ancor cardinale-, sei prese in corte , e 1’ amò sempre , e il protesse 'costantemente; E 11’ era egli ve- ramente degnissimo 5 perciocché tutti gli scrit- tori di quc' tempi, le . testimonianze de’ quali si posson veder raccolte innanzi alle Favole di questo poeta nelle edizioni Cominiape, ne esal- tano concordemente non sol F ingegno e il sa- pere , ma ancora la .probità singolare e F in- nocenza de’ costumi ( >; A maggior grado di
(a) 11 P. abate Casati ha pubblicata una lettera del Faerno a Francesco Sfondrati senator di Milano^ la qual ci mostra che nel i538 egli era in Barcellona al ser- vigio del co. Ermes Stampa v' ma vicino a far con1 lui ritorno in Italia ( tirerai Episl. t. 1 i p. 3?).
(*) Le notizie che il padre M. Vairani dell’Ordine de* Predicatori ci ha recentemente date.deUa vita del Faerno ( Cremori. Mon. t. i , p. 63 , ec. ) , ci mostrano che prima di entrare al servigio del Cardinal Medici per opera de: cardinali Franefesco Sfondrati e Marcello Cervini, egli ebbe l’ impiego di correttore e di revisore de’ libri nella biblioteca Vaticana. Ed egli ha ancora prodotte
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onore salì il Faemo , quando il cardinale suo protettore fu sollevato sulla cattedra di S. Pie- tro, e in quell’occasione gli scrisse il Contile una lettera a’ 26 di gennaio del i5Go ( Con- tile*1 Leti. La, p. a56), in cui con esso Ralle- grasi della nuova fortuna a cui è . stato in- nalzato , ( e lo esorta a valersene a vantaggio altrui. E clie il Faerno seguisse questo consiglio, e che uomo, com’egli era, d’ottimo cifbre, tutto si adoperasse a proccurar 1’ altrui bene , leggiadramente 1 descrivesi da Latino Latini in una sua lettera de’ 4 di marzb dell’ anno stes- so , recata dal P. Lagomarsini ( in notis ad Pogian. L 2, p. 187 )': Sed iterùm longius ab- ripior. Faernus lumen revocai , quasique con- temptum se queritur ; ut. _ est homo nunc in omnium ficUciis , Pontifichile in primis , ut anlehac sempcr, carusi Nunc hominem videre et audire est opcrae pretium. Quamquam enim non , quaecumque multorum causa vult , éadem potest , laborat tamen Ubenter, efficit certe ali- quid , ita ut eum patrónum sibi omnes , qui modo aliquam operam literis navarint, quae- rant. Quare palato , virum bonum - nnmquam carere molestia: mosti enim . poetarum praeser- tim improbitatern , ne hic libi inopissirnorum adoleycentiurn lego netti commemorerà , ad pe- tcndum non hostern , sed obsotdum sportulam- qtie , promplissiinam. Poco tempo potè il buon Faerno godere della lieta sua sorte. Verso la
, »
più altre testimonianze d’ tiomijii illustri di «pipila età, al supere non meno che all" .linaiole indole «lei Kacrnu sommamente onorevoli.
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fine dell' anno (stesso ei (V travagliato da lunga e pericolosa infermità, dalla qual nondimeno parve ristabilirsi ( Pogian. Epìòt. '/. eit. ). Ma un anno appresso, a’ 17 di novembre del i56i, ili età ancor fresca finì di vivere ; sulla qual morte abbiamo una bellissima lettera >del Car- dinal Ottone Trachses al Cardinal Osio piena di elogi del Faerno , pubblicala dal P. Lago- marsini (ib. p. 35 9), il quale un’ altra ne reca di Latino Latini dello stesso tenore. Fra le altre lodi che il Truchses, ne dice , non è l’ul- tima quella cliè per alcuni anni era il Faerno vissuto in Roma , come in una villa , senza aver punto delle arti , degl’ inganni, de’ raggiri propri delle corti , lieto e pago soltanto di quei suo ingenuo candore che il rendeva ama- bile a tutti. Ordinò il pontefice , come narra il medesimo cardinale, che se ne dessero alla pubblica luce le opere. • E infatti 1’ anno 1 564 ne furono stampate in Roma le cento Favole tratte da Esopo e da altri antichi scrittori, e da lui esposte in versi latini di vari metri con una sì tersa e sì facile eleganza, che pochi tra gir scrittori moderni si sono ugualmente accostati alle grazie degli antichi poeti. Ridicola è l’accusa elle da alcuni si appone al Faerno, cioè eh’ ei si valesse delle Favole di Fedro non ancor pubblicate , e che cercasse perciò di sopprimerle. Perciocché o si parla della sostanza delle Favole , e questa ei si protesta di averla tratta da Esopo e da altri antichi Greci, le cui opere erano nelle mani di tutti, e più note assai di quelle di Fedro ; o si parla de’ versi, e basta il confrontare que' del Faerno
ao C)2 unno
. con que’ di Fedro,. per conoscere se il primo giovato siasi del secondo ; intorno alla quale accusa si può .vedere la Iqnga confutazione clic . ne fa il sopraccennato P. Lagomarsini ( ih. p. 363 , ec. ). Alenile altre eleganti poesie ne abbiamo unite alle dette Favole nell’ edi- zioni Comi mane; e fra esse una contro de’ Lu- terani, il die ha data occasione ad altri di credere die contro i delti eretici avesse egli scritto un trattato. Fu inoltre il Faemo uno de’ più infaticabili e de’ più allenti censori del- l’ edizioni degli antichi scrittori , confrontan- dole co’ migliori codici per renderle più esatte e corrette. Così egli emendò le Filippiche di Cicerone e le Commedie ;di Terenzio , opere amendue assai Iodate da Pier Vettori \ EpisL p. uà, 129) , il quale alla seconda dal Faerno non finita diè f ultima mano. Molto egli alfa- ticossi ancora nell’ emendare Livio e Plauto; ma di queste fatiche niun frutto si è Ceduto in Ilice ^ trattane una lettera italiana in cui si contiene la censura delle emeudazioni del Sigo* nio sopra la Storia di Livio , la quale vedesi nelle citate- edizioni , insieme con un trattatalo latino imperfetto sui Versi comici» • xxvi. XXVI. Più scarso è il numero di Poesie U,’J Voìpi.°' che ci è rimasto di Giaitnantonio Volpi., le quali sono state .raccolte e unitamente date alla luce in Padova nel 1726 dal celebre Giannan- tonio Volpi il giovane , il qjiale vi ha premessa una breve Vita del loro autore. Era hgli nato in Como da nobil famiglia a’ 3i di gennaio del 1 5 1 4- Avendo perduto ne’ primi anni il padre," dovette interromper gli ameni studi a’
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quali era naturalmente portato, e studiar prima in Pavia, eri esercitar poscia in patria la giu- risprudenza; il che egli fece’ con tal successo, che fu destinato a scrivere gli Statuti munici- pali, e fu ancora dalla città inviato alla corte dell’ impefador Carlo V. Il desiderio di più cospicui onori il trasse a Roma, ove fu alcun tempo in corte del cardinale Alessandro Far- nese; ma non reggendo compiersi le sue spe- ranze , tornossene a Como, 'ove, dopo avere più anni amministrata quella chiesa pel vescovo Bernardino della Croce, clic ne era assente, per rinuncia da questo fattane , gli succedette nel- 1’ anno j55c). Intervenne al conciliò di Trento; da Pio IV e da Gregorio XIH fu due volte in- viato Dune io agli Svizzeri ; e dopo avere per quasi trenta anni retta con molto zelo quella sua chiesa, finì di vivere a* 3o di agosto del i588. Fra le Poesie che rre abbiamo, tutte molto ele- ganti , son degne d’ osservazione singolarmente due satire , nelle quali si può dire con verità che fu egli il primo tra’ moderni a imitare fe- licemente lo stile d’ Orazio.. All’ onorevole* te- stimonianza che^Paolo Manuzio ha rertduta al Volpi in una sua lettera ( l. 8 , ep. aa ), ciré è stata preméssa alla jjfrfea edizione , si può ag- giugner quella del di cui si ha una let-
tera al Volpi ( Doni , Leti . p. 112), e un’ altra in cui ragiona di lui , e narra le singolari ac- coglienze che avea da lui avute in Como.nel j 543 ( ivi, p. 45 )■ Abbiamo ancora tre lettere dello stesso Volpi al Doraeuichi( Pino , Pace, di LelL L 2, p. 2 80 ). Un bell’ elogio per ultimo ne fa il Taegio che Io dice uomo d’ingegno divino
XXVII.
Francese
Lo V IMO I.
2064 libro
ed espertissimo in tutte le buone arti , e sin- golarmente nella poetica (Villa, p. 81 ). Alle Poesie di *, Giannuntoniò alcune se ne aggiun- gono di Girolamo , minori di numero , ma non inferiori nell1 eleganza. Questi da, Giammatteo " Toscano è ancor lodato come eccellente cos- mografo ( Peplus Itili. I. 3 ), e tra gli Epi- grammi del Molza ve. n’ ha uno io cui loda un1 opera di Cosmografia da esso composta. Ma io non so che un tal libro abbia mai ve- duta la luce. , .
XXVII. Anello alcuni giureconsulti si pon- gono dal Giraldi qel numero de* buoni poeti ( p. 5^4 )> coinè il conte Federigo Scotti e il conte Costanzo Laudi ‘piacentini , e il grande Alciati. Di quest’ ultimo si è da noi favellato , ove era luogo più opportuno ,- cioè nella storia della giurisprudenza, e del secondo abbiam detto nel parlare degli scrittori d’antichità. Del conte Federigo. Scotti abbiamo, un volume di Poesie latine, stampate in Bologna nel i58o, a cui vanno aggiunti due libri di lettere e al- cune orazioni. Lo stile però non è _ molto col- to, e pare che gli studi della giurisprudenza non gli permettessero di giugnerè a quell’ ele- ganza che fu propria divarili poeti di quest’età. Ne abbiamo ancora, alq|w opere legali che a questo luogo non appartengono. Di Francesco
Lovisini nobile udinese e nato nel i5a4, di cui, benché non contasse allora che ventiquat- tro anni di età, fa qui onorevol menzioue il Giraldi, dicendolo giovane maravigliosamente disposto alla poesia : di lui, dico, parla a (ungo il più volte lodato signoi* Liruti (Notìzie de
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Letter. del Friuli, t. -j, /j. i33, ec, ) , e dimostra ch’egli, dopo aver avuti a suoi maestri in Udine Fausto da Longiano e in Padova Laz- zaro Buonatnici, eilopo essere per alcuni anni stato maestro de1 giovani della nobil famìglia Cornalo in Venezia, fu nel i55o chiamato pro- fessore di belle lettere a Reggio , la qi\al città ebbe in quel secolo f onore di udire da quella cattedra dottissimi uomini , come Sebastiano Corrado, Pietro Angelio da Bnrga , Il Lovisini, Celio Rodigino, Giulio Carminilo e Pietro Alo-1 rino francese, come da un’ orazion di que- st’ ultimo raccoglie il -suddetto scrittore. Il Lo- visini, dopo averla .sostenuta per quattro anni, passò nel i 554 alja corte di Parma a istruir nelle lettere il giovale prìncipe Alessandro Far- nese , eoo cui poscia in carattere di segretario viaggiò in Inghilterra e injhpagna, e in que- sto secondò regno si trattenne più anni, e vi fece ammirare il suo .ingegno e sapere. Tor- nato lilialmente a Parma nel 1 5(36 , ivi tre anni appresso fiiiì di viverd. e fu con molto onor seppellito neila chiesa cattedrale, di quella città. Molti ne, piansero co’ loro versi l’immatura morte, e molti lasciaron di lui onorevol me- moria ne’ loro scritti, come ci mostrano le loro testimonianze dal sig. Uniti raccolte, alle quali si possono aggiugn^re quellg di Bartolommeo Ricci che ne parla con molta lode in alcune sue Ietterò { Op. t. a , p. 35), di Giambatista Pigna che lo accompagnò con un suo epigramma al Sigonioi mentre per andare a Reggio pas- sava per Modena ( Farm. p. 65 ) , e di Giulio sopramiomato Ariosto, che ne inserì 1’ elogio
2066 libro
nella- sua Primavera ( canto i ). Egli aggiunse un terzo libro al pogma del Fracastoro inti- tolato Joseph , e alcune altre Poesie latine, italiane e greche sene lèggono in, diverse rac- colte, oltre un numero assai maggiore di altre _ poesie e di altre opere ohe son rimaste ine- dite, o si sono smarrite, delle quali 'parla di- stintamente il Liruti. Ei pubblicò ancora nel 1 554 un comento latino sull’Arte poetica di Orazio, e tre libri intitolati Parergon , ne’ quali spiega t diversi passi difficili di diversi antichi scrit- tori latini e greci ) nelle quali opere si-scuopre ugualmente e la molta erudizione del , Lovisini , ' e l’attento studio da lui posto nell . imitazion dello stile de1 migliori autor;. xxviii. XXVIII. Dopo questa enumerazione di molli armti1,1 w poeti j fatta secondo- l’ordine che piìTpiacque al S,X-Giraldi, par ch’egli voglia -prendere a tesserne dii Giratili, un’altra serie secondo l’ordine delle lor patrie (p. 574)- Ma quattro sole città egli nomina, Modena, Brescia, Mantova e Ferrara. E Modena può esser ben soddisfatta di ciò ch’ei ne dice, perciocché, parlando de’ Modenesi, afferma che horum ingenia prompta sunt et parata in utram- que parteni ; e aggiugne che alcuili hanno scritto assai bene , ma alquanto oscuramente , della Poetica, cioè il Castelvetrta , di cui già abbiara favellato, e Filippo Valentini, di cui si paria a lungó nella Vita del Castelvetro, scritta dal- l’ eruditissimo Muratori, ove si rammentano 1 rari pregi .d’ingegno de’ quali fu egli dotato, benché non ce ne sia rimasto alcun rponumento, e i disastri, a cui fu soggetto, pel mostrarsi eh’ ei fece troppo propenso alle opinioni de
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TERZO ' 2067
1 ncrvatorì (a) ; e fa poscia l’elogio ancóra di Ga- t briello Falloppio, di Antonio rTiordibello. , di
* Cario Sìgonib. Non così può dirsi contenta Bre-
1 scia . deli espressioni Con cui' di essa ragiona il
sr (ìi raldi, dicendo: Brucia malto s haBet eruditos ,
sed lieti ‘ et Poétas , ut ejus filia V Crema Ver-
sificatores etiam potius quatti Poetas Jovet ipsa Brincia (p. 5j3 ). Il Cardinal Queriqb non ha la- 1 sciata passare senza risposta l’accusa dal Giraldi
• apposta a quella illustre città , e ci Schiera in- nanzi un buonf nùmero di poeti da essa usciti
( Specimen Brix. liter. tavp. x 58 ) < ci'oè Gian- - francèsco, QuinzVano Stoa e Giovita .Rapido, de’
Juali direm nel capo seguente Fausto Sabeo, acopo Confa dio,. NicOolò' Secchi da noi ram- mentati altrove, fiartolomraeo Tesni, Cesare Duechi , Andrea, Mozzi, Angusto , Còcceiano, molto lodato dal Bembo, in una' sua lettera ( t‘ 1, l. -3, Op. t. 3» p. 24), Giammario Ma^io, 'Gian- • nantopio Taìgeto, Girolamo Bòfnati; due /mo- « n aci benedettini Teofilo' da Biscia -e Tito Pi*b- sperp Martinengo (b) , e più altri poeti, i- quali \ benché non tutti siano di tal' «valóre che pos-' sano' accréscer gran nomè alla lor patria,, molti
• ' / , ‘ ' : '
(a) Di Filippo Valentini celebre non pieno pel vivace suo ingegno che per le vicende a cui fu soggetto ne’
• tempi de’ sqspetti destati per le auové eresie si è par- lato' lungamente nella Biblioteca . modenese' (t. 5 , p. 106 1 ec.). ’ t ' yt
(b) Di l’ito. Prospero IVJartinengo meritan di esser lette lo notizie .che con molta esattezza ne da date 1* e- Tvditiìsimo sig ■ D. Baldassarre Zamboni* (Libreria Mar- tinengo , /)■ 128, ec. ). ^
/ t ' ‘ ' , * *
Tiraboscui , V ol. XJII. 7
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aoG8 . libro
peri? sono' Ira èssi assai colli é leggiadri; e lioi parleremo Ira poco -di 'due tra essi forse i più celebri, cioè -di JEiQraizo.Gahibara.e di Giuseppe Militi Vpkohna.. -A’ poeti biascia ni isMCCedonO i mantovani» e Jlarcanlonio Àntimaco uhO degl’-in- terloculori» del Dialogo è quegli die ne fa l’e- logio. Alcuni di essi sono or poco noli, come Geremia Cubatolo sacerdote, di cui dice che con Ovidianq facilità stesi area cinque libri di Fasti, i (Juali però da lui nun-erano stati pub- blicati; <* da’ discendenti di esso coatto stati soppressi ; e Giannuntonio Borgo, professore io Ferrara, che molti versi avèa -parimenti; com- posti,v ma Vbt lui letti solo confidentemente a’ suor amici. Più celebri sono Galeazzo Gonzaga che ‘vis'se lungamente alia corte di Ferrara, e che allora pel duca Èrcole li governava Mo- dena, di cui, egli' dice, s.i leggono molte, ina • inedite Póesie; Pellegrino' Morato,, Olimpia di lui figliuola, Giambatjsta. e Antonio Possevino, tutti scrittori da lioi rammentati altrove, xv^ . XXIX. Fra tutti i. Mantovani però sottennero rolli." Ca|)n nel poetare. -fama maggiore i.due Catelli Lelio ll|“’ e 'Ippolito Capilnpj (d)^ nominati qui ‘dal Gi- raldi, q' quali possiamo aggiugnere l’altro loro- fratello Ga munito, le Poesie de- quali furono uni- tamente stampate neLi5/{o. Lelio fu il. maggiore d’età, e nacque nel i5oi, e si rendette famoso singolarmente pe’ suoi CentQui, ne’ q'ùuii ebbe una rara facilità, degna d’ esser lodata, se tal
(fi) Intorno a questi e, ad nitri Capilupi belle noti- eie ci somministrerà , io spero, lieti, sig. abate Andies, quando pubblicherà il' Catalogo della loro llibliqieca.
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' TERZO , ,2069
genere di poesia fosse degno di lode. Egli morì in Mantovd nel i563 in età di séSsaiitgdue abni, come si legge nell’ onorevole* epitafiò. a'tqi po- sto nella chiesa di’ S. Francesco (V. Ébrìfadio, Lett. p. 47; ed. Brésc- 1^58 V Cammillo, il se- condo dj tsdi,- nato 'nell’ anno i5o‘4, al valor
fjoético congiunse la sperienza ed il. senno, che 0 renderon degno di cospicue càriche e d’il- lustri ambasciate a lui coifrìdate da’" suoi sovra- ni; e mori in ‘età ancdi fresca tiel(i548.' Il più celebre fu Ippolito, nato- nel i5ii. Ei'fu" dap- prima segretario? e ministro' in Roma del Car- dinal Ercole' 'e di I). Ferrante Gonzaga, e le lettere da lui scritte ad . emendile," che si con- servano .nel -secreto ''archivio' di Guastalla } po- trebbon formar -più volumi. Fra lé altre sono interessantissime quelle che appartengono alla guerra di Parma" e della -Mirandola , fatta da Giulia Hlj ed esse dimostralo che- il Capilnpi oltre l’ èssere uomo erudito e colto poeta,' era' ancora aècortof negoziato^ 'e -pièn ..di fcclo pel- servigio de2 suoi padrohi. Esse, ancora Ci scéo- prbno ciò che' mimo,- ch’io "sappia, dia 3vver- tito ; ' cipè ebe? verso l’agosto .del, i556 , ' nel tempo dell’infelice, guerra" di' Paolo IV eontro gli Spagnuoli, egli rnsiem eoo più altri addetti aj servigio, di quella coróna, o di personaggi daiki medesima dipendenti, fu chiuso in pri- gione ift- Castel S. Ang^ló., e liberatone poscia nel settembre dd 1 557-, Pio IV nel i56o il nominò • vescovo di Fano, e nel l56i invidio suo nunzio ix Venezia, conje raccoglicsi ancor, da una lettera adui scritta da Annibai .Caro (t. ^ lelt. i55). Sette anni apprèsso rinunciò al aùo
XXX. Porli fer- y.t r<ui nomi» HJ(| (lui Gi- * alili.
20 'jO LIBRO
vescovado (tJ glieli. Ital. sacra, t. i, p. 669), e morì piscia in Roma nell’ anno i*58o , e fo seppi to' in, Araceli coH’iscrizione riportata dal- rÙghelli. De’ tre Capilupi fa menzione ancora il eli. signor aliate Bettinelli ( Delle. Lettere ed Arti mantjov. p. 108) (ay. .. __ *
XXX. Chiude finalmente il Girateli il suo Dia- logo, e noi chiuderemo, il compendio che finor ne abbiamo .fatto, . cogli elogi de1 più valorosi poeti ferraresi che o viveano allora ; o poco innanzi- erano morti f pi S’jG ). Essi sono' Do- do vico' Carbone , di cui si è detto ngl setolo precedente, Curio Laricellotto Pasio, poeta lau- reato , d* cui abbiamo una copiósa, graràatica intitolata De Lilfalura rìon vulgati , d a lui de- dicata ài senato e al popolo di* Reggib', ove allora teneva scùol.i, e stampata più volte al principio dì questo secolo , doperà Che senza ragione ei fu da .alcuni accusato di aver rubata a Portiponio Leto *, -e di. lui abbiamo ancora in -questa, biblioteca un ampio Cemento ‘a penna j?ullè Satire’ di Persio^ Daniello’ Firii e Gabriello À-riosto, de’ quali si potran vedere alcune no- tizie nella recente opera del dottissimo signor Giaiinapdrea Barotti (Man. de' Letter. ferrar. 1. 1, p. 107, 2U9); Enea Gerardini, Alberto Gesta- felli, Archelao Acciainoli figli iiol di quel Jacopo nominato più sopra, Fabio Antimaco, France- sco Severi, di cui abbiamo. fatto un cenno tra * ' * «- > • # t • ^
. (a) i Capilupi raccolsero una pregevole biblioteca , che ancor conservasi in Mantova -, e il suddetto sig. abate Andres ha formalo un dìJigeate , Catalogo di que’ ca- dici’, il quale io desidero che venga alla luce.
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TERZO .aOTI
ì medici, Domenico Bolidi Magnani, Giulio Ponzio Moreletti, Girqlamo .Beni 11 tendi Belgia- rini, Jacopo Cagnacchii', Prospero Pasetti , il Ronchegallo, Renato Cato, Ireneo Brasavola , Gianibatista Pigna e Alessandro Sortii', di molti de’ quali abbiam giàr ragionato, «altrove. Quindi rammenta Ercole Trotti figlio di Alfonso, per cui mostra di temere che» i piaceri della corte e l'amore del cavalcare n,ol distolgano da’ buoni studi; benché, aggiugne egli, la cura e la dili- genza del padre provvederà in modo clje .ciò non aVvenga. ; Amen due questi splendidi 'ca- valieri sono anche altrove dal Gir.aldi lodati, il padre come urt- altro Mecenate nel favorire'* e nel proteggere i dotti ( Ante Lib. in. Inorai. ) , il figlio 'come giovane nella greca e nella latina lingua, versato' assai^ ’e di tutte le belle arti ot- ’ ,
timo conoscitore .(Dialogìsm. 12). Lo stesso duca Ercola- Il- si annovera qui dal Gfralfli tra’ valorosi poeti; perciocché., dice', fin dall1 infiin- zia soleva scrivere maravigliosamente irt poe- sia; e Benché, cdntinua egli, Ife cuce del .go- verno lo' abbi, am rivolto altrove,, gode talvolta nondimeno di . trattenersi insiem ccjle. Muse, e ode volentieri le altrui «poesie. Dal che inferi- sce lo, stesso Girnldi che non è ,a stupire se tra1 cortigiani e famigliavi, tftesjà di .Èrcole due ne abbia non indegni di .esser-' posti, nel nu- mero de1 buoni poeti, cioè Agostino Mosti e Niccolò Bendedci. •»•*•. - >
Vyvj
XXXI- .Noi siam venuti finora seguendo, le Notizie «ti tracce deli1 Àrsili! • è dpi Giraldi nel lo ripa re la ^"°F, *n"; sèrie de’ più illustri poeti. Ma uno, da essi »•» > pur nominato, ne abbiamo, ammesso,* perche u>, r,.-
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207^ < ' ' Librò ...
avevam risoluta di scriverne con più esattezza , _ e non abbiam voluto interromper 'di troppo l’ordine da essi tenuto. Io- parlo del più dolce, del più. amabile, del più modesto fra tutti i poeti latini di- quésto secolo, cioè di Marcan- tonio Flaminio , .pome caro alla virtù non meno che alle Muse, e chetili tutti "coloro che il co- nobbero , destò, senti meivti di ammirazione al pari che di tenerezza. Il sig. Francesco Maria Mancurti ne ha scritta elegantemefifé la Vita die va' innanzi all’ edizion Cominiana- delle Poe- sie del( Flaijiinio. Ma ella , a dir. vero ,• è anzi un elogio., che un'esatto raccpnto, e io perciò ne Verrò -ricercando con più minutezza Le par- ticolari circostanze *, distinzione troppo dpvuta a un nomo , via cui memori}' dee essere -im- mortale ne’ fasti dell’ italiana letteratura. Ma prima che del figlio^ ci cornien dire in breve del’padre? cioè di . Giannaptojìio Flaminio/ il quale, benché fosse di gran lunga inferiore al figlio*, 'fit. però -a’ suoi tempi avuto ir! conto di elegante poeta e di dotto -scrittore. IT P: ' Do- * menico Giuseppe (lapponi dell5 Ordine d^ Pre- dicqtori, che il/prhno'ne4ia pubblicate le Let- tere» latine1 in Bologna nel. 1744/ hat pòsta in- nanzi ad esse la Vita del "loro autore,- di cui altre poche, più esatte" e più minute notizie ci ha date 1’ eruditissimo-, monsignor Giannago- slino Gradenigo vescovo di Ceneda in una sua- lettera, in cui ricerca se Ldue Flambili dir si possano serravallesi di 'patria (IV. Racc. tf O- pusc. t. 24’)- Noi lasciando in disparte questa disputa. che , come piur altre di tal natura, è disputa di .puro noine,*òi varremo di essa per
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meglio accertar- 1’ epoche della .vita, del/ pad.r'e non roen che ilei figlio. Lodovjèo-’ Zarabbini in Cotign.ola fu il padre di Giannanlonio,. che na.cquc in Imola circa il ' ì 4^4 > 0 nell’antica Accademia veneziana , a cui fu poscia ascrit- to , prese il soprannome di Flaminio , che fci poi il cognome della/ famiglia., Prima in Bolo- gna , indi -5- caccicene dalla pesto in Venezia, sotto-' la* direzione .de1 piti illustri maestri di quell1 et?» , coltivò felicemente le lettere. In'dtà ri i soli ventun’ anni, nel i485, fu condotto professore. di belle lettere a SQira.ya.Ue. nella diocesi (*:) di Trevigl collo stipendio -di' cento zecchini', .e-ivi presela sua nidglio una eértn Veturia giovane. nòbile di ■ qup} paeSo. Di là pnssò-ncìì’impiega medesimi)- circa il 1 4yi--a MotUagnana, ' ore fu fissato prima p^r nojrfe anni, posci^-per altri ciaque j finche Jtrovando quel clima contrario glia .sanità della- moglie*, to mossene nell’ anno i5oa a Serravalle ; e ben- ché im'itatb in addiMro C911 ampie offerte da’ Vicentini, ivi-' sali di nuovo strila-. sua cattedra, e ìli . ascritto -a- quella ciltatjmait^a e .al .colle- gio de’- notai, he guerre dulie quali travaglialo Tu -quel, paese, furon fatali -al ‘Flaminixi, che avendo in esse perduto quanto arcai colle sue fatiche- e colla sua industria raccòlto-, spoglinCb d’ogni cosa, fece ritorno *néi i5o<)a IinoLl sua patria, ove la liberalità del c invìi nal Rafaello Riario e del poòtciìoe Giulio II reGaron sol- levo alle sue passate sventure, e ove egli prese
' • ’ y
(*) Serravalle è bensì podesteria del territorio di Trevigi , ma è nella diocesi di Cencda. •
ax»74 ■ LIBRO
[Alimenti a tenijre scuola di belle lettere. Ma ’ amore q!i? e^li, portava1? a’ suoi cari Serraval- lesi, da’ quali avea anche avuto l’onore della cittadinanza., e poscia ancor quello -di essere ascritto alla nobilGjs non gli permise* di riget- tare i lor replicati , inviti , e tornò di nuovo tra essi all’usato sqo impiego vetso il 1 5 1 7. La fa'mq sparsa del saper del Flaminio .trasse colà molti nobili giovani , che inviati da’ ior geni- tori,. stavano presso di lui come ih un con- vitto/ Fu tra essi Alfonso figlio dit Qasparo Fantuzzi nobilissimo ’e splendidissimo patrizio bolognese, il quale poscia nel i5ao- volle che il Fiatando passasse a Bologna , e« ne} suo pro- prio palazzo avesse stabil soggiornò , e ivi istruisse con più agio e il tiglio e gli altri no- bili;, giovani, de’ quali fu ancqi* maggiore allora ih concorso. Quanto il Fantuzzi amasse il Fla- minio, o quanti; effetti dojla sua liberalità gii facesse provare , abbastanza cet mostrano le molte lettere dal. Flaminio' stesso a lui scritte. Sedici anni visse .egli ih Bologna , cioè fino a’ id di .maggiò del 1 536 , cbè%fu 1’ nltmio dellà sga vita, caifo a .lutti, .e da tutti sommamente stimato non solo, pel suo molto sapere, ma ancora per gli aurei -costumi e per le virtù sin- golari di cui. fu adofno. N«? abbiamo non po- che poesie latine, .nelle, quali però ei non è molto felice. Migliori ire son leprose, benché esse ancora/ non. abbiano quell’ eleganza che in altri scrittori si ammira. Fra esse abbiamo do- dici. libri di Lettere , le Vite di alcuni Santi dell’ Ordine der Predicatori , un Dialogo in- torno all’ cducaziou de’ fanciulli , un Trattato
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dell’origine della' Filosofia , una Granlatica latina e più altre opere, altre stampate, altre inedite, delle quali ci ha dato il -^dialogo il 'suddetto P. Cappóni. . • ' e-
XXXII. Più assai però che alle sue opere , dee Giannantonio Flaminio il nome di cui gode tra' dotti, a Marcantonio. suo figlio ,‘ natogli in Serravalle nel i Egli stesso il venne atten- tamente formando alla pietà non men che alle lettere greche e latine , e vedevi qon incredi- hil piacere le liete -speranze tche di sè dava quel suo card fanciullo, e la felicè disposizione che pvea singolarmente sortito per la poesia latina. Così egli il tenne presso di!sè ora in Serra vaHe jt'hra in Imola sua patria,; ove frat- tanto avea- fatto ritorno^ fino ai i5i 4 nel qual anno volendo eglr inviare >al nuovo pontefice Leon X alcune sue ' poesie (*) , scelse ciò fare .il suo figlio,- giovinetto allora di sedici anni, 'è gli orditói che eòa quelle del padre offrisse ancora ài pontefice alcune «le, 'poesie , e lo .accompagnò con sue lettere al papa stesso e al Cardinal Marco* Cornaro. Nella sua ‘lettera al cardinale scritta ài t di maggio del dèt^o anno. Misi haò de mussa -, scrive1! I. si. Fla: miri, Epist. I. 2 , cp. 5), ,M. sinìohium Fla- mihium Jiliurn meum, qui et ipse Sjlvamm
• « 1 + *
(*) 11 titolo di Silvar ciato da' Giannantonio Flaóii- nio al "libro che il giovinetta Marcantonio suo figlio, preservò al pontefice fceon X, mi ha ‘fatto credere eh’ esse’ fossero pqesie, Ma essa fu 1’ opera da m,e poi rarn menta t{i più sotto intitolala Annotalìonurh Silvae , di cui h» pubblicato un frammento monsig. -Gràdehigo, e di cui il eli» sig. Don Jadcpo Morelli , che nfc lia Un aatico esemparle , ci fa sperare una compita Adizione
XXX'tI. Primi studi di Marf’An- touio.
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sXiarum. dibellos , non insùlsum /orlasse munu - sculum , ad ipstim Pontijicem maximum detti- liL De ciljus quiden • adolc's centi s mine primi m dgcimum sextum aetatis annum stipe egressi in- genio ac iruditione - dioerem aliqua , nisi. essati pater; sccL et praesens ipse, ut spero, Id tuae. amplitudini , né paterno ùV/iigere testimonio vi- deatur , indicabile et quae sccum attilli f ex mul- lis , rjude haOtenus Scripsit ; uberriinum , ni fal- lor, testinjbniuin ferent. Il giovinetto Flaminio introdotto al pontefice dal cardinale suddetto e dal Cardinal d’ Aragona, fu da esso accolto con grande amorevolézza. Leone udi con piacere i versi del padre e del, figljo , diede piiiove il secóndo della' sya bontà e munificenza V fece chiedere ni padre pe gli sarebbe piaciuto che il suo Mafcantonio ^i stesse in corte presso di lui 1 e frattanto ra^comandòllo caldamente a Rafaello Brandolini, oratore e poeta- allora fa- moso,^ che abithvà nel* Vaticano (ib. ep. 2), mentre Gia'plbatrsta Pio , pet istanza fattagliene dar Giannanlonib avea il pènsie'ró di continuare a istruirlo nelle lèttere (ib. ì. 5, ep. tg, 20). Un’ altra volta fu H giovane Flaminio presen- tato 1 al pontefice , mputre questi era in' una sua villà, ed égli 'ricévutolo cortesemente, nel con- gedarlo Figlio , gli disse, in Roma ci ricorde- remo di voi; e infatti appena tornatovi, rifece chiamare’ a sè , e gli fece provare altri effetti della sua munificenza (ib. ep. 4)>'e rapito al vedere il raro ingegno di quel giovinetto , d lui sì volse pon quel verscT di Virgilio:
Macto nova yiilute' puer : sk itur ad astra.
I. A. F latti. ' Dial: de Educai.
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Volle lo stesso Leong, far pyuova del non .'-or- dinario valore di qiiesto- ottimo giovane ,, e in- nanzi a molti cardinali si fece a disputare eoù. lui di non so quali quistioip; ed- egli sì fran- camente sostenne questo cimento, che destò maraviglia ne’, circostanti , e. il Cardinal cTAra-. gona ne scrisse lettele - di congratulazione al padre (id. Epist. I. 2, ep. Gj.. Avrebbe questi voluto che Marcantonio dopo un breve sog- giorno tornasse a Iinola-, e di ciò avea già scritto al pontefice stesso ( ibi ep.^2. •). Ma eam- ’ bit» poscia pensiero, e determinossi a lasciar* gli ivi aperta la via alla fortuna ( ib. 1. 5, ep.. 22)^ E di quel Soggiorno si prevalse il gioviiiFla-, minio per fare ùn viaggio a Napoli , e •cono- scervi di presgjuza il celebr^ Satin azzero ( l. 6 ‘ ep. 1 ). L’anno seguente però > cioè nel iSiò,- invitalo rial conte Baipassar Castiglione, par- tissi da Rema e -àndoSseue ad -Urbino , ove di Castiglione sei raccolse, in ' casa, e prese , ad amarlo e à, coltivarlo, rapito dal raro talento " che in lui ^conóbbe; ie il padre Con piò sue lettere ne mostrò .al Castiglione1 la più sincera riconoscènza < ib. ep. 5*, 6 , ,7 y 8 , -9, i3., 1 j\, i5); e il figlio- ancóra , gràrto al- sao- splendida be- nefattore „ ne cablò ie 'lodi in una. sua pglogtf da lui composta in un 'viaggio da Mantova a Urbino, e stampata nell’ anno ..stesso à Fano y insieme con alcune altre sqe poesie aggiunte ' a quelle, di Michele Tarcàgnota-e scritte qpnv tale eleganza, -che -appena'sembra possibile che un giovinetto* di 1 j anni - potesse giugnere a tanto. NeHa lettera ad 'Alessandro Mazzoli bo- lognese) premessa all’ Egloga, Miito ad te ,
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'■ÌO’jS LIBRO
dice ( Y. B. Casfil. Cip. p.. 367, ed. Corniti.), Eclogam , quam Superiorìbus iliebus , cum Mari- tila redirem Urbinum , in itinere Compositi. In e a sub persona Thyrsidis gratias ago Baltha- sari Castalioni, Prìncipi in orimi virtutum ge- nere consummalissimo ,, qtii nos domò , fortunis, patria , 'ob bellorum incendia ejectos in con- tubemiutn acqepit , et sua liberalitate non pa- • rum sublevaoit. Il ‘desiderio però, che avea Criannantonio .che il giovane suo figliò si vol- gesse 'ancora agli .studi filosofici é che scegliesse poi fi qual professione volesse applicarsi, de- terininollo a toglierlo dalla casa del Castiglio- ne, e ad inviarlo a Bologna sulla, fine del t5i5 (L 4. Flamin. l.‘ 3, ep. l-'G, ep. 14, i5 ); e ricusò a' tal fine l’ ihvito lattagli dal Bèroaldo a nóme- del Sràdoleto, il quale. avrebbelo voluto ' in Romq suo compagno lieti’ impiego di scrit- •tor -delle lettere pontificie ( j.b. ep. 19 ). Li Bo- logna fu il giovane 1 Flaminio accolto in sua •Casa da Francesco' Bjjntivòglio-, a cui perciò scrisse padre più lettere 'ipiene di gratitudine ( ib. ep. 20 21', a3 ).' Io non trovo per quanto tempo- si trattenesse il Ciadiano in Bologna. Certo è eh’ egli era in Roma circa il i5'ig, quando ivi trattossi la celebre causa dèi Lon- golio da noi altre volte accennata, perciocché il ^adoletoj scrivertelo al Longolio stesso, gli dice die il' Flaminio crasi offerto a recitar 1’ o- razione che quegli allora assente avea ili sua di- lesa composta ( Sadoi. Epjst. faml.'.t 1,, p. 42, ed. Róm. ). Questo secondo viaggio di Roma fu da lui fatto probabilmente in cotìipagnia di Stefano Sauli , da noi altre volte lodato , c
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presso il quale fu per qualche tempo il Fla* l minio. Così raccogliamo da 1 una lettera dal pa- che di esso scritta al medesimo Sauli nel 1023 r ( ib. in App. p. 5o3 ), nella quale egli accenna che già da gran tempo era presso di esso Sauli il suo Marcantonio , é da un’ altra dal Casti- glione scritta d? Mantova ad. Andrea Piperario in Roma a’ 7 ^1 marzo' dèli’ anpo 4 523, in cui gli chieder nAa- -di Marcantonio Flaminio , c/i era col Prolonotario Sauli- ( Óast/gt. Lpt1, di Neg. t. 1 , p. 102 ). In fatti egli è anrfove- rato dall’Arsilli tra1 poeti che allo? yiveano in Roma, e descritto, come giovane di vita 'au- stera e di facilità mirabile nel verseggiare. An- che il Girardi de parla come di giocane vivente in Roma, ,e unendolo col Molza, At Frane. Mar. Molciam Mutiiìcnsem , dice ( De Poet. suor. temp. diai . 1, Op. L 2,' p. 544 )*>•«* M- Antonium Flamini um , adolescenies aeleo bo- Tiarur/i literarum studio inflammatos video?, ut assidue ambo vel libro» evolvant , vel aliquid . ipsi Componant. De utroq/ie magna, concipqre possuntus. Net splum hi humarittatis Jlosculos legurit , sed ulterìus studia sìid pro/èrunt .... Flaminius vero sapientiae studia curn utraque lingua conjungiti et nisi acrius eum stomachi morbus urgeret, paucos ei conferré posse/iius. Sed ita comparatimi est , ut praeclara ingenia Jère scraper aliquid infestet et irìlerturbel. V?rso questo tempo, piddesimo -dovette il Flaminio fare il viaggio di Genova col Sauli , e tratte1 nersi cón lui in -una piacevole villa'/ formando insieme con altri nomini eruditi colà condotti dal Sauli qyella Accademia dèlia < quale „si è
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detto altrove ( l. i, c. 4 )• Dal servigio del Sanli paesi) ^l Flaminio a quello del datario Giberti, e eoi» lui per qualche- tempo fu in Padova , ove> è veriiiiiàle eli’ ei profittasse del sapere di tanti celebri professori che ivi erano allora : Questa riattata,, scrive Romolo Amaseo da Padova a’. 18 di settembre del 1 5 24 ( f^ita l$nhi: A mas. p 1 2 1 ò ) , hannq prosato con me M. Marcantoni? Flaminio e Mj^ffnlio Cammil- 16 ; io'li ho J atte carezze, sì per. V amicizia vec- chia y come perchè il Flaminio al presènte sta con Mons. Datario. Il servigi» del (liberti traltennelo alcuni anni in Verona *, ed ei go- - de sii àncora di passar qualche tempo infuna ;>rti<yia villa alle rive del lago di Òarda, ove 11 ottimóì suo padrone aveagli fatto dono di un delizioso podere (Flantin. I.' 5, carni. 20 ). Ei fti .npndimeno ancora per qualche" tempo in Roma e alcuni Versi 'ci indicano eh’ ei vi gin- gpesse poco innanzi, al famoso -sacco del- 027 . ( ib. carm . 35), a* cui» però npn - sappiamo se si [rotasse -presente. ■ Mctìbre egli era’ al servigio di .quell’ illustre prelato , si diede a parafrasare in prosa latina iffjbro'xn "dèlia prima filoso- fi, ossia della ^Metafisico d’Aristòtile eh’ egli pensava di dedicar^ al Giberti j ma che per consiglio di esso egli poi dedicò al pontefice Paolo UT. La" .prima edizione che suol citar- sene, è quella -aP Basilea del 1537. Ma è certo che fin daH’ armo precedente, già Se u’ era cò- minciata ■ 1’ edizione in Véuiìzia. Ne abbiamo un’ indubitata testimonianza -m una lettera del Cardinal Cortese * allora abate , scritta al cardi- nale jContarini da Venezia agli 8 di marzo del
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delto anno (Cort. Op. t, i -, p. io3 >: A caso anche mi si c annientato alquanto di rifrige- rio , che il nostro 31. 3/((rcantonio , Flaminio venne di compagnia da Verona , e starassi meco • tutta , la Quadragesima ; il che non soìp di gior- no , ma anche buona parie della notte , mi è di grandissima consolazione : e così di una di- visa compagnia V. S. Revere ridisi, ha M. Ga- leazzo, ed io 31. Marco Antonio Flaminio h qual è in questa Terra a effetto di far stam- pare la Parafrase suafatta sopra il a// della Metafisica ì e già vi è dato principio , nb du- bito, , efie sii opera per piacere sommamente pr\n\a 'per la bellezza